Il mio nuovo libro, appena uscito in traduzione italiana, è intitolato Brida; è la storia dell’iniziazione alla magia di una ragazza molto giovane. Una storia che ho scritto diciotto anni fa. È il terzo romanzo, in realtà scritto subito dopo L’Alchimista.
Ho detto poco tempo fa che ora il mondo era pronto per questo libro... Brida ha dovuto aspettare il momento giusto, non perché il mondo non fosse pronto, ma perché la casa editrice ha aspettato il momento giusto, e la decisione finale si è posta in sintonia con la mia sensazione che quel momento ideale fosse appunto arrivato. È certo, questo, un momento particolare, dal punto di vista mondiale. André Moreau ha affermato che il Ventunesimo secolo potrebbe essere proprio il secolo dello spiritualismo. Francamente, ho qualche dubbio, nonostante tutto: non so se siamo realmente pronti; e di certo non posso parlare a nome dell’umanità intera. Per quanto mi riguarda, io faccio una ricerca costante che ha a che vedere in senso stretto con l’integrità dell’essere umano. Quindi non posso parlare a nome d’altri. Io scrivo innanzi tutto per me, e cerco di guardarmi dentro.
Dunque, dicevo che dopo L’Alchimista ho scritto Brida, che uscì in Brasile nel 1990. Mi ha sempre interessato la tematica femminile, il percorso delle donne verso la conoscenza, che ha dovuto attraversare e superare preconcetti, processi, roghi... perché la donna era più indipendente dell’uomo quando si avvicinava al mistero. Perché, d’altronde, la donna veniva chiamata «strega»? Perché si usava un termine così spregiativo e negativo per identificare molte donne? È chiaro: perché la Chiesa era, ed è, monopolizzata e manipolata dagli uomini. Questa è una cosa che mi ha sempre molto interessato e sollecitato, e da parte mia ho sempre cercato di dimostrare che invece non è così, ossia che le donne hanno un loro specifico ruolo, che deve essere riconosciuto e rispettato. Debbo anche aggiungere, a questo proposito, che io, in fin dei conti, sono una donna. Il mio lato femminile è cioè molto sviluppato. Forse è per questo, è nel segno di questa ricerca anche «femminile», e quindi difficile, dolorosa, che ho vissuto, prima di scrivere, tante vite: sono stato un ribelle contro una famiglia borghese, hippy, autore di canzoni. Ho passato momenti duri: l’elettrochoc, la tortura subìta dalla polizia. Di tutti questi momenti, prima dei trentott’anni, che posso dire? La cosa essenziale credo sia stata il fatto di essere sopravvissuto a tutto questo.
La sopravvivenza è fondamentale. Ho sempre lottato intensamente con la vita e con la morte; non la morte fisica, ma la morte spirituale, la morte psicologica, quei momenti in cui si è stanchi di tutto e si ha voglia di arrendersi perché gli altri hanno ragione e tu hai torto. Sì, il mio momento migliore è stato riuscire a sopravvivere. La mia svolta è arrivata con Il Cammino di Santiago, quando ho smesso di sognare di essere uno scrittore e lo sono diventato veramente. Da allora si è sviluppato un vortice di notizie che mi riguardavano, non sempre attendibili, compresa anche la mia biografia, scritta da Fernando Moraes. Credo abbia fatto troppe rivelazioni. Io ho solo aperto i miei diari; non sapevo esattamente quello che c’era scritto. Ovviamente, non scrivo diari per leggerli tutti i giorni. Moraes ha pubblicato la biografia, ma ha scritto tante cose che io non avrei voluto fossero svelate. Però, come dice Gesù, la verità vi renderà liberi. Io non immaginavo... Avevo più di 170 diari e 100 cassette. È stata una sorta di catarsi.
Mi chiedono spesso, poi, chi sia il signore misterioso incontrato a Dachau, che ha impresso una svolta alla mia vita. Posso dire che è un manager attualmente in pensione. Un amico, che mi ha insegnato il linguaggio simbolico. Lo conosco e frequento dal 1982, e per me è diventato un punto di riferimento. Non un maestro nel senso tradizionale del termine, ma un maestro che mi insegna tante cose che non so. Ma non è un guru o cose del genere, sia chiaro. Eppure molte idee le ho sviluppate a partire da riflessioni condivise con lui.
Ad esempio, io credo che la nostra visione del mondo si basi su due cose: la memoria e l’ispirazione. Però la memoria rende l’uomo schiavo, per cui, a volte, finisci per non identificarti con il nuovo ma solo con ciò che è legato ai ricordi. La memoria è pericolosa soprattutto in amore, perché ti fa ricordare gli amori passati, le ferite... e il pugnale è conficcato nel cuore e lascia delle cicatrici. Così finisci per amare meno proprio perché vivi di quei ricordi negativi. Ma l’amore risiede in un’altra sfera, che non è quella della memoria ma quella dell’ispirazione. Il potere dell’essere umano è quello di distinguere quando è il momento di usare la memoria o invece l’ispirazione. È un modo di essere e di sentire che si ripercuote nell’intera vita quotidiana.
Così, io vado sempre in giro con poche cose, è davvero il mio sogno. Ho anche pochi libri, perché se leggo un libro le possibilità che lo rilegga sono minime. Allora lo regalo o lo scambio. Lo faccio molto anche attraverso Internet: lo lascio in un posto e avviso. Ora, per esempio, sono stato incaricato di fare un’antologia per la Penguin Book: i 100 migliori classici della letteratura da me letti. E mi comporterò così: segnalerò i libri e li lascerò in giro per il mondo. Perché dovrei tenermi in casa dei libri che quasi sicuramente non rileggerò? Tra i libri che indicherò, comunque, ci saranno senz’altro Il Profeta, di Kahlil Gibran, Dracula di Bram Stoker e Frankenstein di Mary Shelley. Il computer torna sempre in primo piano, come i libri. Del resto, ho detto spesso che per me le priorità della giornata sono camminare, tirare con l’arco, e lavorare al computer. In special modo, credo che tirare con l’arco sia un modo eccellente per meditare: tutto si basa sull’intreccio fra espansione e contrazione, espansione e contrazione. È semplice e al tempo stesso molto profondo. Queste sono tre cose che faccio sempre, ogni giorno. Ma ne faccio altre.
Per esempio il mangiare. Non sono goloso (né invidioso), ma la cucina italiana la adoro. Diciamo che ho dei punti di riferimento, ma, ripeto, non sono affatto goloso. E non sono un guru, lo riaffermo. Mi hanno detto che ho un grande potere, e da qui deriva l’utilizzo improprio del termine «guru». Ora, io ho scritto una lettera contro l’invasione dell’Irak nel 2003. È stata letta da quattrocento milioni di persone. Ma è servito a impedire l’invasione dell’Irak? No. E questo è potere? No. Non bisogna confondere l’amore con il potere. Quando ho preso la Transiberiana c’erano grappoli di gente che volevano tirarmi giù dal treno: i miei fans. Ma questo è appunto segno di amore, non di potere. Sono due cose completamente diverse. Il potere può cambiare le cose e la realtà. È chiaro che anche le idee hanno un grosso potere, penso a Giordano Bruno o a Martin Luther King. Però, per citare un personaggio attuale, chi ha potere oggi è Bush. Piuttosto, credo che una forma di «potere» reale sia il passaparola, che per i libri svolge una funzione importantissima.
Anzi, l’unico modo di promuovere i libri, ma anche la musica, il teatro o i film, è proprio il passaparola. Non esistono sistemi migliori. Per esempio, si va a vedere un film perché una persona ci ha detto che è interessante. C’è un’avanguardia che va in cerca di novità, e poi gli altri si uniformano al passaparola.
Quando vado al cinema chiedo sempre dei consigli, chiedo se quel film è interessante. È insomma importante, per il cinema come per i libri, che all’inizio si costituisca una massa critica di lettori che acquisteranno ogni tuo libro appena uscito. E tuttavia, questo vale per chi vuole leggere. Ma se si vuole scrivere, allora il principio cui mi attengo e a cui tutti dovrebbero attenersi è di non seguire alcun consiglio esterno. Bisogna andare controcorrente. Emblematico, credo, è il caso della Russia, in cui torna il tema del passaparola. Qui, quando uscì il mio libro non ci furono vendite per problemi di distribuzione. Nessuno conosceva questo autore brasiliano, Paulo Coelho. Ma i lettori, entusiasti, iniziarono a pubblicarlo su Internet, e si cominciò a vendere il libro fisicamente, che passò da diecimila a un milione di copie in un anno. Ho raccolto tutti i miei libri e li ho messi tutti su un sito. Ho avuto qualche problema con alcuni editori americani, però si è trovata una soluzione per poter leggere gratis un libro al mese su Internet. E sarà sempre così.
Credo che i contenuti intellettuali debbano essere gratis, alla portata del pubblico, di ogni pubblico, del vecchio mondo e del nuovo, dell’Est e dell’Ovest. Per me non fa differenza. Siamo tutti esseri umani, siamo tutti uguali e abbiamo tutti gli stessi sogni: stiamo tutti cercando un mondo migliore. (da una conversazione
con Paulo Coelho)
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