Politica

Cofferati, l’ultrà della «legge Biagi»

Stefano Filippi

Il Romano Prodi che annuncia modifiche alla legge Biagi appena arriverà a Palazzo Chigi ha già perso 230 voti nella sua Bologna. Sono quelli dei lavoratori a progetto appena messi in regola dal Comune secondo i criteri della tanto discussa legge 30. Duecentotrenta contratti «co.co.co.» (collaborazione coordinata e continuativa) che dal 12 settembre scorso sono un po' meno precari grazie a un accordo firmato dalle tre confederazioni sindacali, dalle rappresentanze di base e dal sindaco Sergio Cofferati.
Proprio lui: l'antico nemico della normativa, che da leader Cgil scatenò una violenta polemica contro l'ordinamento simbolo del precariato, adesso attinge a piene mani alla legge che porta il nome del giurista assassinato a Bologna dalle Brigate rosse. È il segno, come notava ieri sulla prima pagina del Sole 24Ore uno dei più stretti collaboratori dello studioso ucciso, il professor Michele Tiraboschi, che «il giudizio sostanziale sulla legge Biagi possa cambiare non appena si passi da una posizione di contestazione a un ruolo istituzionale e di responsabilità di governo».
I «co.co.co.» bolognesi avranno ferie pagate, diritti sindacali, assegni di maternità e la garanzia di non perdere il posto di lavoro in caso di malattia; potranno godere di 45 giorni di assenza retribuiti e percepiranno un assegno mensile equiparato a quello di un impiegato che svolge una mansione simile. Entro sei mesi, 110 di queste collaborazioni saranno trasformate in assunzioni a tempo determinato. Il collaboratore arriverà a guadagnare più del collega assunto, anche se dovrà accantonare parte dello stipendio per la pensione.
Nell'accordo del 12 settembre non si fa cenno alla legge Biagi, che il Parlamento ha riservato alle aziende private ma che una circolare del ministero della Funzione pubblica invita ad applicare anche nelle amministrazioni statali e periferiche. I precari di Bologna non saranno più semplici «co.co.co.», ma avranno le tutele previste dalla riforma anche in materia sanitaria e di maternità. Lo stipendio è calcolato secondo i criteri indicati dalla legge 30, dalla quale vengono presi pure gli elementi da scrivere sul contratto (durata della prestazione, indicazione del progetto, modalità di svolgimento della collaborazione, eccetera). Infine, il Comune riconosce che il ricorso futuro a tali rapporti dovrà essere inserito all'interno di specifici progetti.
«Nell'imporre la modalità cosiddetta “a progetto” della legge Biagi alle collaborazioni coordinate e continuative attivate dal comune di Bologna - ha scritto Tiraboschi -. Cofferati si è spinto ben oltre estendendone il campo di applicazione, per mero accordo sindacale, persino alle pubbliche amministrazioni che pure formalmente risulterebbero escluse. Una conferma della bontà di talune intuizioni contenute nella legge Biagi su cui vale la pena insistere».
Dello stesso parere è Maurizio Sacconi, sottosegretario al Lavoro: «L'intesa sul lavoro atipico al Comune di Bologna è tutta all'insegna della legge Biagi, sono molto contento. Della normativa (che pone rimedio agli abusi delle “co.co.co.”), l'accordo mutua tutti i contenuti positivi, compreso l'aumento dei contributi, la tutela della malattia e della maternità. Altro che simbolo della precarietà: Bologna ha dato un riconoscimento autorevole alla legge». Gli amministratori felsinei si sono spinti anche un tantino in là, osserva Sacconi. Prevedono infatti che il collaboratore debba comunicare in anticipo le proprie assenze: «Parliamo sempre di lavoratori autonomi, persone senza obbligo di presenza pagate a risultato e non a ore.

Si potrebbe quasi pensare a un lavoro subordinato mascherato».

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