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Con Cognetti il romanzo precipita nel fondo valle

Cani randagi e dialoghi senza senso per montanari pensosi Il vincitore del Premio Strega regala sempre belle risate

Con Cognetti il romanzo precipita nel fondo valle

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All'inizio ci sono due cani randagi che scappano tra le montagne e uno è un serial killer che uccide altri cani e lei è la sua amante e parlano tra loro come fosse un film Disney ma poi arrivano due fratelli che... No, ricomincio: all'inizio sembra un romanzo di Mauro Corona, tutto in montagna, tutto sulla vita vera in montagna, ma non è Corona, e se non è Corona chi è? Paolo Cognetti, con Giù nella valle (Einaudi). Se Corona avesse un figlio che scrive sarebbe Cognetti. Che vinse il Premio Strega nel 2017 con Le otto montagne.

Il romanzino cognettiano è pieno di misteri. Il luogo è la Valsesia. Per esempio Luigi, uno dei due fratelli, quello con la testa a posto nel posto che occupa, di guardia forestale, trova un cervo e «osservò il palco dell'animale: le punte bianche e consumate dalla vita nei boschi, ne contò otto per parte». Otto montagne, otto corna più otto corna di un cervo, sedici corna, magari in Cognetti che forse è Corona c'è della numerologia, vai a sapere.

Non vi spoilero niente del finale, ma sappiate che i due fratelli sono anche due alberi, un larice e un abete, che furono piantati dal padre, una delle pagine più commoventi del libro, D'aria Bignardi piangerebbe per giorni. Quando Luigi porta Alfredo (c'è pure un inseguimento perché questo Alfredo è un po' una testa calda che non si raffredda neppure in montagna), nella casa del padre, cosa fa? Pensa. E cosa pensa? Osserva. E cosa pensa osservando cosa? «Bevve un sorso di caffè e osservò il larice: aveva da poco perso gli aghi che erano sparsi per terra, color del rame. Cresceva dritto, si era liberato dei rami più bassi e in alto cercava la luce. L'abete invece era fitto di aghi scuri, il tronco nascosto dalla chioma. Il vecchio doveva aver fatto un ragionamento sulla distanza per metterli giù: a quell'età i rami dei due alberi si sfiorarono, tra un altro po' avrebbero cominciato a intrecciarsi». Mi asciugo un attimo le lacrime.

Ci sono dialoghi tra moglie e marito, la moglie del bravo Luigi, che ti incantano per come li scrive Cognetti, tipo questo: «Mi prometti che non bevi troppo? Ma come faccio a promettere? Ci provo. La baciò. Il bacio di lei fu più lungo, quello di lui più breve». Resti lì a immaginare la scena, lei è rimasta a baciarsi da sola mentre lui era già uscito? C'entra la relatività di Einstein? Come fanno due a baciarsi con un bacio che dura meno dell'altro. Mistero. Figo.

Nel frattempo non dimenticatevi dei due cani che scappano. La femmina è molto sveglia, segue il suo amante senza esitazioni, «né si domandava dove il maschio la portasse, lo seguiva e basta. Lui vegliava su di lei, anche ora: il ritmo del suo respiro le diceva che stava riposando, non dormiva». Che donna! Scusate, volevo dire: che cane! Capisce anche quando il maschio riposa ma non dorme. Dopo poco siamo a otto cani uccisi (otto montagne, otto palchi più otto palchi, otto cani uccisi, tenete voi i conti, magari sono un codice).

In tutto questo, Elisabetta, la moglie di Luigi, è incinta, e ci sono delle descrizioni memorabili, strappalacrime. «Secondo te può sentirci mentre litighiamo?» dice lui. «Certo che può sentirci dice lei». «Che cosa sente?» dice lui. «Lei sente attraverso di me. Sente che io non sto bene». Dice lei. «E quando facciamo l'amore?» dice lui. «Ma certo, anche quello» dice lei. «Allora è contenta quando lo facciamo?» dice lui. «No, è gelosa» dice lei. «Gelosa di suo padre!» dice lei. Era meglio il cane serial killer con la sua amante, ma sarà fatto apposta, Cognetti mica è stupido.

Da piccolo Luigi e il fratello venivano portati a pescare le trote di frodo. «Non lo faceva per sport il papà: poi ci mandava a vendere le trote nei ristoranti e dintorni, e quelli le compravano volentieri. Come compravano il camoscio o lo stambecco le rare volte in cui ne beccava uno». È una storiella edificante che ha un suo pubblico consolidato: chi legge Cognetti legge Corona. Inoltre su Amazon è catalogato come giocattolo «consigliato dai tre anni in su», che è una vera istigazione a delinquere sui bambini sopra i tre anni.

In ogni caso, resto sempre più convinto che Corona e Cognetti siano la stessa persona, infatti non li ho mai visti insieme nello stesso posto, sulla stessa montagna, ma non uscendo di casa e non andando a dargli la caccia per i boschi non posso esserne certo. Bellissimo libro eh, e, raccomando, andate a comprarlo nelle migliori librerie.

Nelle peggiori rischiate di trovarci Thomas Bernhard.

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