Narra la leggenda aurea di cui è circonfusa la figura del «santo maledetto» Kurt Erich Suckert che, sul letto di morte, - Roma, 19 luglio 1957 - rivolgendosi alla sorella Maria, le bisbigliò: «Di a tutti che Curzio Malaparte non è morto». Frase sul momento attribuita al delirio ma che, mezzo e più secolo dopo, si rivela profetica. Per quanto nel migliore dei casi mitizzato, nei peggiori frainteso; per quanto rimosso e riscoperto a singhiozzo; per quanto, o proprio per questo, intellettuale assolutamente inclassificabile e impolitico (passò dal Partito repubblicano al fascismo, dal fascismo allantifascismo, dal filocomunismo allanticomunismo), Kurt-Curzio rimane uno scrittore più che mai «vivo». Forse addirittura più vivo e tradotto allestero di quanto sia letto e studiato in Italia. Nemesi perfetta per l«arcitaliano» per eccellenza.
Tanto «arcitaliano», ovvero incarnazione ipertrofica dei vizi e delle virtù nazionali, da meritarsi un posto speciale nel nostro XX secolo. E, per questo motivo, un posto «speciale» nella collana della «Biblioteca storica» del Giornale che - a corollario e sunto del Novecento italiano - dedica al polemicissimo e avventuroso scrittore toscano una mini-serie di tre titoli. Si tratta di tre libri «perduti», ossia tre libri rari o dimenticati, oggi difficilmente rintracciabili in libreria e che pure rappresentano delle tessere fondamentali per ricostruire quel mosaico umano e ideologico che è la vita e lopera di Malaparte. E in particolare per capire il suo altalenante rapporto di fascinazione-fastidio per Mussolini e il fascismo. Il primo volume (uscito nel 1999 per Luni e poi sostanzialmente scomparso) raccoglie due testi: Muss, che si presenta come un saggio a metà tra la riflessione politica e lautobiografia, iniziato nel 1931, al tempo del prolungato soggiorno parigino, poi messo da parte durante il periodo del confino, e infine ripreso nel dopoguerra ma mai concluso; e lapologo antimussoliniano del 43, Il grande imbecille: in un caso e nellaltro pagine che offrono uninedita chiave di lettura per comprendere levoluzione del pensiero malapartiano nei confronti del fascismo, pensiero che risente molto della riflessione di Piero Gobetti. Il quale, non a caso, nonostante le diversità di vedute, scrisse la prefazione al saggio di Malaparte che volle pubblicare presso la propria casa editrice, fondata nel 1923. È proprio questo il secondo volume presentato dal Giornale: Italia barbara, apparso appunto nelle edizioni Gobetti di Torino nel 25, libro a partire dal quale Kurt Erich Suckert inizia a firmare come Curzio Malaparte: è un elogio ruralista e strapaesano dellitaliano «rozzo» e «barbaro», e perciò «sano». Infine - e siamo al terzo volume scelto dal Giornale per i suoi lettori - il saggio LEuropa vivente. Teoria storica del sindacalismo nazionale (apparso la prima volta per le edizioni La Voce nel 1923 con prefazione di Ardengo Soffici) dove il trasporto malapartiano nei confronti del Duce tocca forse uno dei suoi punti più alti: «La funzione storica di Mussolini è stata di restituire agli italiani il senso fisico delleroismo... Egli è un restauratore della nostra legge cattolica, un uomo della Controriforma, soldato e profeta, cavaliere e martire; un nemico dellItalia moderna, corrotta e disgregata dallo spirito eretico della Riforma; un restauratore dellautorità, dalla fede, del dogma, delleroismo, contro lo spirito scettico, critico, razionalista e illuminista, delloccidente e del settentrione...». E ancora: «Egli è liniziatore della ribellione, già in atto, dello spirito italiano, rimasto pur sempre naturalmente antico, non ostante gli inquinamenti e le compromissioni, contro quello moderno nordico e occidentale; liniziatore della rivoluzione italiana, rivoluzione antimoderna, cioè antieuropea».
Modernissimo e antico, «anti» tutto per definizione, persino anti se stesso e tuttologo ante litteram (dandy, interventista, poeta, duellante, dannunziano) Curzio Malaparte, come dimostra la sua parabola esemplificata in questi testi scelti, meglio di chiunque altro conobbe e visse il fascismo e il suo contrario. Lui che fu prima fascista, poi crudelmente antifascista, e infine, passata la guerra, il primo a schierarsi, fieramente, contro il peggiore dei fascismi, quello dellantifascismo.