Col «Libertino» l’opera è quasi un film

La carriera di un libertino è un classico del Novecento. Si sa che se si invita un’amica all’opera, bisogna avvertire che è di Stravinskij; altrimenti, se lo scopre dopo, si allarma. Meglio dire: «Vieni ad ascoltare Stravinskij?»; e quando poi scopre che è un’opera è contenta. Qui c’è un lavoro mentale da fare, e solo dopo quello ci si può abbandonare come a un’opera «normale». Anche l’altra sera alla Scala il pubblico delle prime, pur plaudente, era riottoso e freddino. Sembrava avere fatto propria una battuta che i due protagonisti, lo sfaticato libertino Tom e il Diavolo travestito Nick, pronunciano: «Se i ragazzi avessero ali e le ragazze pungiglioni/ e piovesse oro dal cielo/ se le uova fresche avessero gambe di legno/ non riderei né piangerei».
Eppure, così come è rappresentata, è un’opera-opera. La pungente ironia moderna sulla tradizione, più che distacco, è un fantasioso gioco della memoria aperto ad una partecipazione affascinante. Il direttore David Robertson conduce i cantanti e coro e orchestra in gran forma in una fluidità di fraseggio e di suono che rende naturale e affascinante la stramba storia surreale.
Andrew Kennedy, l’ozioso carrierista che cede alle seduzioni della fama, della ricchezza e delle conquiste femminili, lontano dalla donna che pur ama, vive distratto e desolato con l’intensità d’un elegantissimo tenore. William Shimmell, il tentatore, esprime tutta la sua naturalezza disperata. Emma Bell, la donna che ama Tom fino alla fine, è patetica, ma con spoglia intensità, fino alla tragica e affettuosa ninna nanna che canta cullando l’amato ormai delirante in manicomio. Il padre di lei ha l’aristocratica autorevolezza di Robert Lloyd e Baba la Turca, compagna di successi e di vita del libertino, la comica e grottesca petulanza impressa da Natascha Petrinskij.


Lo spettacolo di Robert Lepage, con scene di Fillion, costumi di Barreau e luci di Boucher, fa spuntare meraviglie in uno spazio cinematografico: l’arrivo d’un’automobile vera in un paesaggio proiettato ai lati, il gonfiarsi improvviso di un autobus grigio venuto dalle viscere del palcoscenico, l’apparizione d’una casa lontana illuminata, e altro, hanno dato ai personaggi la voglia di misurarsi in una realtà di fantasia recitando con divertimento e credibilità. Così il teatro accoglie il nostro immaginario e ce lo ripropone in una imprevedibile, memorabile autenticità.

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