Roma Ritagliare la breve di un quotidiano, fare la fotocopia ingrandita, riprodurre la testata del giornale e scontornare con le forbici anche questa. Poi comporre con cura i due frammenti e fare in modo che la notiziola sembri un’apertura di prima pagina, con il nome del giornale bello centrato e il titolo della notizia che occupa l’intera larghezza della pagina. Piazzare il grafico in modo da simulare una classica fotona da prima pagina. Rifotocopiare il tutto (a colori), quindi mostrare a una platea amica.
Giovedì scorso Gad Lerner ha avuto il suo da fare con forbici e colla. Sei operazioni che farebbero perdere la pazienza anche a un addetto stampa alle prime armi. E ce ne devono essere state ancora più difficili per Gad, visto che si trovava a Lampedusa. Ma che al giornalista sono bastate queste per confezionare un prodotto utile a sostenere la sua tesi e quella di Michele Santoro: Il Giornale non è più quello di una volta perché dà conto di un sondaggio reso noto dal premier Silvio Berlusconi che lo vede, in quanto a popolarità, in testa tra gli altri capi di governo.
L’articoletto era uscito mercoledì, un «taglio basso» a pagina cinque. Giovedì Lerner lo ha mostrato, ma in una versione maxi. Circostanza che ha fatto perdere la pazienza all’ex direttore del Giornale Maurizio Belpietro, invitato alla puntata di Annozero dedicata a Montanelli: «Quello non è un titolo di testata. È una breve». Siparietto con il giornalista della tv di Stato che ha fatto da spalla a quello di La7 mostrando di non sapere niente («Non so nemmeno cosa sia. Come “manipolazione”? Ah, sei tu Gad...»). E poi chiusa con Gad Lerner che ironizza sui successori di Montanelli; e Belpietro che si augura comunque che il Giornale non cada mai in mano sua e gli ricorda l’episodio delle immagini ai limiti della pedopornografia mandate in onda dal Tg1 quando Gad era direttore.
Quello che Lerner non ha detto è che la notizia era stata riportata dalle agenzie di stampa. E che non era finita solo sul Giornale. Agi e Adnkronos avevano dedicato un paio di lanci al sondaggio che metteva a confronto la popolarità del presidente del Consiglio italiano con quella degli altri premier. Con un titolo identico a quello del Giornale: «Europee: Berlusconi è leader più amato al mondo». Nessun cenno al fatto che la notizia del consenso di cui Berlusconi aveva parlato ai suoi candidati, poi era finita anche sui siti internet di informazione, compreso quello di Repubblica. E che il giorno dopo la classifica era un titolo di una «breve» a pagina sedici del Sole24ore. Pochi giorni prima, in Abruzzo, Berlusconi aveva già parlato del sondaggio. Ma la notizia non fu ripresa né dalle agenzie né dai quotidiani.
In compenso, lo stesso giorno fu il Corriere della Sera a dare conto della percentuale di italiani a favore del premier, in crescita soprattutto dopo il terremoto abruzzese. L’emergenza, si sa, favorisce chi governa e penalizza le opposizioni.
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