«La colpa non è di Meier, ma del Comune»

«Il concorso per piazza Augusto Imperatore? Meglio tardi che mai...»

Claudia Passa

Negli anni caldi dell’affaire Ara Pacis era stato «arruolato» nella vasta e trasversale schiera degli oppositori al progetto Meier. Ieri, in occasione della (finta) inaugurazione di Walter Veltroni, duramente contestata, un quotidiano gli ha attribuito giudizi del tipo: «un gran bel lavoro», «di valore». Una cosa è certa: Renato Nicolini, professore di architettura, ex assessore capitolino alla Cultura, punta di diamante nel dibattito urbanistico, creatore dell’Estate Romana, è noto per le sue «battaglie contro». Contro l’«orrido urbano», contro le gabbie culturali, talvolta anche contro le scelte della sua parte politica, la sinistra.
Professor Nicolini, sull’Ara Pacis ha cambiato idea?
«Non ho mai cambiato opinione, basta guardare quanto dichiarai nel film Ara sine pace. Ho sempre sostenuto questa tesi».
Cioè?
«Meier è uno degli architetti che ha preso a base della sua poetica l’architettura degli anni ’30. Credo che sulle sue qualità ci sia poco da discutere. La sua opera mi sembra gradevole, e ragiona sull’ambiente più di quanto si pensasse. Però...».
Però?
«C’è un aspetto sul quale ho sempre mantenuto un atteggiamento critico: la questione della scelta urbanistica».
C’è chi ha paragonato la nuova struttura a una pompa di benzina...
«Queste sono sciocchezze. Indubbiamente ora l’Ara Pacis si vede meglio, dall’interno ma anche dal’esterno attraverso la terrazza. Però ho sempre avuto dubbi che questo fosse l’ideale per la città di Roma. Ma questi dubbi sono superati dal fatto che ormai l’opera è stata realizzata».
Cosa c’è che non va?
«Non si può continuare a sovraccaricare il Lungotevere di funzioni, ormai è come un solaio pericolante. Continuo quindi ad essere nettamente contrario alla realizzazione del parcheggio. Quanto all’idea del sottopasso, se ne può parlare perché potrebbe essere funzionale alla terrazza di Meier. Ma il parcheggio è un’idea che va abbandonata».
Insomma, no al fronte anti-Meier?
«Le critiche non vanno rivolte a Meier, ma al Comune di Roma. Il museo dell’Ara Pacis non mi sembrava una priorità, e mi pare tuttora che non ci sia una grande chiarezza sul futuro del Lungotevere. Se si persevera su questa strada ho l’impressione che il Tevere finirà per collassare. È necessaria una netta inversione di tendenza».
Per piazza Augusto Imperatore il sindaco ha annunciato un concorso internazionale...
«Meglio tardi che mai».
Approva la politica urbanistica della Giunta Veltroni nel centro storico di Roma?
«Sono molto critico nei confronti di tutte le operazioni di maquillage urbano, come lo spostamento dei sampietrini. È un approccio francamente male impostato. Anche quando si rimette il travertino nelle zone pedonali, lo si rimette male. Il risultato è una perdita di qualità che non sarebbe affatto inevitabile».
Di chi è la colpa?
«L’ufficio centro storico è gestito in modo inadeguato. E questo finisce col rendere più equivoche e discutibili varie questioni. Si tratta di una politica che Veltroni ha approvato, ma che sarebbe ora di cambiare. Queste continue risistemazioni di piazze, gli spostamenti di travertino, lasciano il tempo che trovano. E non approvo neppure la passività nei confronti dell’espansione incontrollata della città politica».
Quale potrebbe essere la ricetta?
«Ci vorrebbe una politica più attiva, per rilanciare il carattere del centro storico. L’afflusso turistico è un dato inevitabile, ma la qualità del turismo si può anche decidere. Sarebbe ora di rilanciare Roma come un luogo di studi in grado di attrarre un turismo più di qualità. E invece...».


Invece?
«Regna la vaghezza di idee. Basti pensare alla Galleria Alberto Sordi: non si capisce cosa sia. C’è un feticismo dell’arredo urbano che invece di recuperare le tradizioni porta Roma a somigliare sempre più a una città tedesca...».

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