Non ha voglia di pace, piena comè di prolifica inquietudine. Non ha voglia di sgonfiarsi i capelli, di truccarsi meno, di riempire con moderazione il carrello della spesa, di spiegare alla commessa del supermercato perché ci siano cinque barattoli di marmellata uguali nelle sue buste gialle, di smettere di provocare la bilancia, di far ordine, di amare con tutto, come si permetteva di fare un tempo. Ormai va bene così. Con Platinette che va avanti e Mauro Coruzzi che sta dietro, che sta dentro. Con Platinette che litiga e Mauro che mette le cose a posto. Con Plati che va in televisione perché è cattiva («la tv la si fa con tutto lamore che si può o con tutto lodio che si può, come nel mio caso»), con Mauro che sta in radio perché è buonissimo. «Il giorno in cui farò pace con me stesso, vorrà dire che sarò prossimo alla pensione, e non ho voglia di quel momento».
Sono passati cinque anni dalla prima volta in cui Platinette, dopo una perfida paparazzata, ha deciso di mostrare il suo «ripieno» al Maurizio Costanzo Show. Serata faticosa, quella. Mauro non aveva ancora deciso che quellingombrante compagna di viaggio sarebbe stata accanto al suo cammino per sempre. Plati era ancora un sintomo. Del quale pensava di potersi disfare, prima o poi. Forse lo stesso giorno in cui sarebbe dimagrito, avrebbe smesso di rintanarsi in casa come un orso senza pelo, avrebbe amato calmo, sarebbe andato davanti a una telecamera senza quattro ore di trucco preventivo. Poi, strada facendo, ha deciso che invece andava bene così. Che per esserci Mauro deve esserci anche Platinette. Lo raccontava ieri a Mattino Cinque da Federica Panicucci. Appollaiato in qualche modo su una poltrona troppo piccola, messo al caldo da una conoscenza di anni con la conduttrice e da qualche destino professionale incrociato. Prima che Mauro-Platinette diventasse opinionista (Amici, La pupa e il secchione), scrittore, conduttore radiofonico, produttore televisivo.
Ormai ha imparato cosa poter pretendere da se stesso, diceva, e ha lonestà di ammetterlo.
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