A comandare nel Pd sono sempre loro: i «Padroni delle tessere»

Caro Granzotto, dopo tanti tormenti la sinistra si appresta a celebrare la sua Convenzione, come adesso chiamano il congresso e tutto ciò nel disinteresse generale? Quando mi reco all’edicola getto sempre uno sguardo alla prima mezza pagina di Repubblica, dell’Unità e del Fatto, ma non vi scorgo titoloni per lo storico evento. Eppure parliamo del parto del nuovo partito della sinistra che s’appresta a governare l’Italia in attesa che si avveri la promessa fatta da Di Pietro - «Quello io lo sfascio» - e Berlusconi si tolga di mezzo. Allora, caro Granzotto, ci dica: cosa sta succedendo fra le macerie del Bottegone?

Il solito, caro Accorsi. La sinistra è sempre quella, immutabile, sclerotizzata. Fratelli coltelli, veleni e sgambetti, idealismo onanista, decentralismo democratico e la vecchia cara «burocrazia termidoriana», per dirla con il povero Trotskij. Come sa, io di politica ne capisco poco (ed è per questo che mi piace il Berlusca, capace di vincere le elezioni e governare, quando le toghe gliene lasciano il tempo, altissimamente fregandosene dei minuetti e dei rondò della politica politicante). Per fortuna c’è chi di politica capisce tutto e a costoro io serenamente mi affido per tenermi al passo. È evidente che se la mia attenzione è rivolta alle convulsioni del campo avverso, scelgo colleghi che appartengono alla confraternita dei «sinceri democratici». E creda a me, nessuno come i repubblicones ha contezza di cosa bolle nella pignatta del Piddì. Bene, sa cosa sono venuto a sapere, caro Accorsi leggendo Repubblica? Che i congressini preparatori al congressone che si chiama Convenzione la quale a sua volta è propedeutica alle primarie, non hanno sancito, come sembrava essere, la vittoria di D’Alema per interposto Bersani. Macché. Ce ne faremo una ragione, questo è garantito, ma pare proprio che nel partito D’Alema, e quindi non parliamo di Bersani, conta zero. Ne consegue che il Franceschini conta meno di zero e quella gnagnera di Marino meno ancora di Franceschini. Ma allora, mi chiederà, chi è che conta in casa sinceramente democratica? Il «flaccido imbroglione» (così lo definì D’Alema) Walter Veltroni? Quella simpatica patatona della Debora Serracchiani? La bella e intelligente, alla pari, fifty-fifty, Rosy Bindi? O magari Fassino ancorché irreperibile? Nossignore. Contano Antonio Bassolino e Agazio Loiero, i Signori delle tessere. «A Napoli e provincia il Pd non conta solo più iscritti che in tutta la Lombardia», scrive il mio politologo di riferimento, area Largo Fochetti, «che già sarebbe un dato anomalo: conta dodici volte gli iscritti della regione di gran lunga più popolosa». Idem o quasi la Calabria. Ed è lì, nella Campania bassoliniana e nella Calabria loieristica che Bersani, ovvero D’Alema, ha raccolto nei precongressi più dell’80 per cento dei voti. Gente seria, Bassolino e Loiero. Il primo, cito, «ha fatto perdere milioni di voti (dicesi milioni, ndr) di centrosinistra nel Nord del Paese, con lo scandalo della spazzatura e tutto il reso (dicesi tutto il resto, ndr)». Il secondo, beh il secondo è Agazio. Sempre alle prese con le Procure, sempre indeciso sulla casacca da indossare (è sì esponente del Piddì, ma dopo aver zampettato e tuttora zompettando fra Dc, Ppi, Ccd, Cdu, Udr, Udeur, Margherita e Partito democratico meridionale. Dal punto di vista della coerenza, della saldezza delle idee e dei princìpi, nessuno come lui, questo va detto).

Beh, caro Accorsi, padroni dei delegati, quei due sono i padroni del Piddì che uscirà trionfante dalla Convenzione. Chiunque ne sarà segretario, anche se tale in grazia delle fumose primarie, a loro dovrà riferirsi, e col cappello in mano. Lo chiamano, in casa sinceramente democratica, il nuovo che avanza.

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