Molto più spesso di quanto si possa immaginare capita che dietro alle risate e ai visi apparentemente ironici e spensierati dei comici si nascondano in realtà grandi malinconie e angosce. Forse la comicità è il modo migliore di esorcizzare quello che proprio non si riesce ad accettare del mondo che ci circonda.
Bisognerebbe chiedere a Matteo Monforte, membro del quartetto Quellilì, forse più noto come uno dei protagonisti del tormentone «Grazie signore grazie» (Zelig-Italia 1, Bulldozer-Ra2, Quelli che il calcio-Rai2), se era proprio tale disagio ciò che voleva esprimere nel suo ultimo libro «Come siamo caduti in basso Oscar»...
In breve la trama: Martino Rebowsky, è un musicista jazz ed è felice di condurre una vita sregolata tra locali di dubbio gusto in cui i principali divertimenti sono bere birra e superalcolici in compagnia di amici nullafacenti con i quali parlare di futilità e donne dalle quali non avere nulla di più che rapporti sessuali. Un giorno però scompare un suo amico e collega e allora Rebowsky si trasforma in un investigatore: comincia una bizzarra indagine senza regole che lo porterà a risolvere il caso.
Un noir grottesco e poco edificante in cui non sono celate le libere ispirazioni a «Il grande Lebowsky», ricordato anche dallassonanza con il nome del protagonista, ma con cui, in fondo, il libro ha poco da che spartire per quello che riguarda la qualità della resa finale.
Matteo Monforte, «Come siamo caduti in basso Oscar...», Chinasky Edizioni, 10 euro.
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