Comitati degli italiani all’estero Inutilizzati i fondi di Roma

Paralizzata per sei mesi l’attività dell’organo di rappresentanza luganese che deve favorire l’integrazione dei connazionali nel Cantone

Elisabetta Pisa

L’obiettivo è chiaro: promuovere iniziative che favoriscano una maggiore integrazione della comunità italiana nel mondo. È questo il compito dei Comites, i Comitati degli italiani all’estero, la cui attività in Ticino è più che altro concentrata su un unico fronte: limitare i disagi causati dal ridimensionamento dell’organico del Consolato. Non è poco, si dirà. Ma di altre attività che agevolino i nostri connazionali, trasferitisi oltrefrontiera, non c’è traccia.
Certamente non mancano l’adesione a manifestazioni organizzate per le feste nazionali, il sostegno a iniziative delle associazioni che operano sul territorio, e conferenze su problemi specifici. Ma di progetti veri e propri di iniziativa dei Comites, nell’ultimo anno non ne sono stati portati a termine. E non che manchino le idee, come dimostra il programma di attività del comitato di Lugano. Un programma che è rimasto sulla carta. I presidenti dei Comites delle principali città ticinesi giustificano in vario modo questa paralisi: mancanza di spessore dei membri dei comitati; un ridotto margine di manovra concesso dalla legge; un contesto, quello ticinese, che non richiede un grosso intervento anche perché per gli italiani, per i quali la lingua non è un problema, è facile integrarsi in Ticino. Un immobilismo che ha riguardato soprattutto Lugano, dove l’attività è stata bloccata per sei mesi dopo l’elezione, per la verifica della compatibilità di alcuni membri.
I Comites sono stati rinnovati nel marzo del 2004. Le elezioni si tengono ogni 5-7 anni e costano a livello mondiale 8 milioni di euro. Gli organi di rappresentanza degli italiani godono di finanziamenti pari complessivamente a 2,5 milioni di euro, ripartiti dal Ministero degli affari esteri in base alla consistenza numerica delle comunità italiane, all'estensione territoriale e alla realtà socio-economica dei Paesi in cui agiscono. I loro bilanci possono contare anche su contributi locali. Le risorse economiche assegnate a ogni comitato alla fine sono contenute, ma in Ticino talvolta rimangono perfino inutilizzate.
Il Comites di Lugano nel 2004 aveva a disposizione 26.502,52 franchi, e 8.566,91 di entrate locali, per un totale di 35.069,43 franchi. Ne sono avanzati 21.774,28. Le spese hanno riguardato più che altro la gestione della sede in via Dufour 5/a. Non è uno spreco di soldi pubblici che potrebbero essere utilizzati in altro modo? «Le elezioni si sono svolte nel marzo del 2004 – precisa il presidente Giuseppe Rauseo – e i 12 membri sono entrati in carica in aprile. Effettivamente è stato un anno travagliato: l’attività è stata bloccata dalle verifiche sulla compatibilità di alcuni membri del Comites. Solo alla fine del 2004 la situazione è stata chiarita e da allora abbiamo cominciato a lavorare. Sono state formate delle commissioni che avranno il compito di mettere a punto dei progetti. Inoltre verrà allestito un sito Internet per far conoscere i Comites alla comunità italiana e alle istituzioni locali». Secondo Rauseo, poi, l’attività degli organi di rappresentanza è limitata dal fatto che la legge ammette solo alcune voci di spesa. Sarà. Ma altri Comites, come quello di Zurigo, dimostrano comunque un maggiore dinamismo.
D’altro canto è vero che i Cantoni della Svizzera tedesca rappresentano una realtà diversa. In Ticino non si pone il problema della lingua, quel filo che contribuisce a mantenere un forte legame con la nazione d’origine. Un ostacolo in meno che facilita l’integrazione, ma che rende un tantino apatici i Comites ticinesi. «Questo è un territorio di italianità», dice Luigi Zanolli, presidente del Comites di Bellinzona, organismo che sta rafforzando la presenza dei corrispondenti consolari, tutti volontari che hanno rapporti costanti con il consolato di Lugano perché vengano garantiti i servizi. «Gli italiani in Ticino – dice - non vivono gli stessi problemi di chi si trova in altre parti del mondo. Noi non abbiamo bisogno di scuole con corsi di italiano. Probabilmente bisognerebbe fare un riflessione sui Comites soprattutto in Europa, organismi che difendono un’identità ben precisa, e che hanno un senso nei Paesi extraeuropei, ma che si scontrano con il processo di costruzione di un’identità europea».
Invece secondo Vittore Nason, presidente del Comites di Locarno, il problema è un altro: a mancare sarebbero le idee.

«All’interno dei comitati – precisa - non è facile trovare persone in grado di dare effettivamente un contributo».

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