Non ha mai potuto indossare il costume di Arlecchino, né accostarsi alla sua fisicità, studiarla, riprodurla in scena.
Colpa del suo metro e novanta centimetri, che lo hanno «relegato» a ruoli come il Capitano o l'Innamorato, quelli che richiedono presenza scenica, o meglio, prestanza fisica.
Luca Klobas, creatura emersa con Zelig, viene da una lunga frequentazione con la Commedia dell'Arte, l'origine del teatro italiano e della genialità che lo accompagna.
A Venezia, la sua città, Luca era nella Compagnia dell'Avogaria, scuola teatrale «bellissima, a numero chiuso - racconta lui - entravano circa trenta persone alle selezioni, non di più, per avere una formazione classica, all'Antica Italiana, basata sullo studio delle commedie degli Zanni, e sui canovacci».
Un percorso interessante per uno che, da quando ha memoria, voleva fare l'attore. «Avevo cinque anni e già pensavo di fare questo mestiere - dice Klobas - poi alle elementari cominciarono le recite di classe e salire sul palco fu sconvolgente per me. Un'emozione forte». Emozione continuata alla Scuola dell'Avogaria e vissuta nel Laboratorio dell'attore di Raul Manso e nell'approccio con il vecchio «metodo Stanislavskij, un tipo di recitazione diversa per me, l'opposto di quello che avevo studiato fino a quel momento - racconta Luca - sentivo di avere troppi limiti, a livello recitativo mi mancava qualcosa e ho voluto accumulare un po' di esperienze differenti. Contemporaneamente, non ho mai trascurato la scrittura. Ho sempre amato scrivere esprimendo la mia natura comica».
Istriano d'origine, nato e cresciuto nell'unica città italiana dove il tempo è sospeso e lo sciacquio delle acque è musica che accarezza i palazzi, Gian Luca Clobasz ha semplificato il suo nome e ha creato i suoi testi dedicandosi al cabaret dal 1994.
«Il cabaret è un po' come il jazz per la musica, con tempi comici da rispettare diversi da una commedia teatrale, perché il cabarettista lavora tutto sul respiro della gente - spiega - le diverse scuole e laboratori mi hanno permesso di compiere un lavoro che mi porta a capire quanto ancora c'è da fare per crescere e poi, mi aiuta ad affrontare in scena un personaggio. Si, perché Ratko ad esempio, l'immigrato che incarno sul palco di Zelig, non è una macchietta, ma un vero personaggio con una vita che continua fuori dal palcoscenico».
Ratko è la creatura che ha portato in giro per l'Italia questestate fino a oggi, serata conclusiva di Zelig off in tour a Cattolica. «Ratko è nato guardando quello che mi succedeva attorno - dice - è un emarginato che non ha voce in capitolo, un po' borderline, né santo né delinquente. Sto pensando anche a un personaggio nuovo, ancora in cantiere, un qualunquista, un vicino di tragedia, quelli che quando accade un fatto di cronaca nera testimoniano dicendo banalità, parlando della caduta dei valori. Prima o poi, voglio fare uno spettacolo tutto mio a teatro», conclude.
Luca Klobas non si è «fatto mancare niente - scherza lui - dalla pubblicità alle soap (Un posto al sole e Vivere), dal cabaret alla prosa. Zelig ti fa crescere artisticamente, ti segue durante i laboratori».
E lui, un veneziano a Milano, ha lavorato sodo, sperimentando anche il teatro di narrazione. «Il cabaret è come una specializzazione per un attore, ma una base attoriale è giusta - aggiunge - nel mio futuro vedo la narrazione.
Dalla Commedia dellArte al palco di Zelig
Di origine istriana, una formazione teatrale classica alle spalle, lattore è conosciuto anche per il personaggio dellimmigrato Ratko
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