Una coproduzione polacco-ucraìna non commuoverà il botteghino italiano, anche se la dirige un regista come Krzysztof Zanussi.
Ma «Col cuore in mano», visto ieri al Festival di Roma, merita attenzione come insolito caso di commedia-nera che giunga da noi, dove le cinematografie dell'Est sono state ammesse solo in quota drammi, privati o storici. Ma una componente di dramma resta anche nel «Cuore in mano».
La fine del comunismo ha lasciato indifese le comunità dall'assalto di ogni speculazione. S'è arricchito con la droga, ecc., ma s'è anche ammalato, un sessantenne (Bohdan Stupka) che ora attende un cuore nuovo. Dovrebbe dargli il suo un giovane (Marek Rudelko), deciso al suicidio perché non ha lavoro e non ha più fidanzata.
Dopo un tentativo fallito, il giovane si trova in ospedale col trafficante di droga e gli confida i suoi propositi.
Non si ride, ma talora si sorride. Manca la cattiveria: Zanussi deve aver pensato che la situazione del suo Paese è già abbastanza brutta così.
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