il commento 2 Parola d'ordine «Indietro Tutta»

di Antonio Risolo

Sabato 6 ottobre 2012 è una data storica. Per la prima volta in 52 anni, infatti, le aziende nautiche disertano la cerimonia di inaugurazione del Salone per protestare contro il governo Monti, colpevole, a detta degli imprenditori, di aver dato il colpo di grazia al settore. A Genova arriva il vice ministro delle Infrastrutture e Trasporti, Mario Ciaccia. Il quale, nel ben mezzo di una civile contestazione, e di fronte alle rivendicazioni degli addetti ai lavori, quasi si scusa e, con grande onestà intellettuale, recita un sincero mea culpa a nome del governo che rappresenta. Sabato 13 ottobre, tra conferme e smentite, finalmente c'è anche il ministro dello Sviluppo Economico, Corrado Passera. Il quale dice: «Siamo pronti ad aiutare chi opera in questo settore in difficoltà. Entro fine legislatura daremo riposte concrete». E rivolto ai cronisti: «Con Ucina abbiamo discusso sette punti, ma non vi dico quali sono, perché prima si fa e poi si parla. Guai comunque a considerare evasore chi compra una barca». Miele per Confindustria Nautica, l'associazione di categoria. Qualcuno esulta: «Finalmente! Forse hanno capito che così le aziende muoiono...». Altri fanno i San Tommaso. Come chi scrive, che dei 52 Saloni ne ha visti 38. Quindi? Troppo bello per essere vero. Infatti, secondo prassi consolidata - da 52 anni - si scopre che nel dl Sviluppo» non c'è una virgola su nautica e turismo da diporto. È questa la «risposta concreta» promessa per fine legislatura. Dove sono finiti i «sette punti» che il ministro Passera non ha voluto svelare alla stampa? I cronisti che si occupano di cose nautiche quei «sette punti» li conoscono a memoria. Uno su tutti, forse il più semplice e il più utile: un registro nazionale delle imbarcazioni e navi da diporto - tipo Pra, per capirci - chiesto a gran voce dal comparto per dare chiarezza al mercato e allo stesso tempo uscire dal girone degli infami in cui governo, fisco e «buona stampa» hanno relegato aziende e oltre 100mila lavoratori. Niente di niente. Neppure un paio di semplici riforme e snellimenti amministrativi, a costo zero per lo Stato. Ma come fanno i Professori a non capire che burocrazia esasperata e persecuzione fiscale, hanno dimezzato il contributo del comparto al Pil, «fumandosi» l'85% del mercato interno? C'è solo una risposta, condivisa.

È quella di Confindustria Nautica per bocca del suo presidente, Anton Francesco Albertoni: «È chiaro che la politica non intende occuparsi dei problemi di questo settore industriale. Così non ci sono più i presupposti per fare impresa in Italia». Che siano bamboccioni, choosy e pure sfigati anche gli imprenditori?

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