Festival di Sanremo

Sì, la "Gen Z" è nuova. Ma i boomer sono bravi

Largo ai giovani, ci mancherebbe. Prima il nuovo, chi può negarlo. Però poi si devono fare i conti con la realtà perché i cantanti giovani non sono bravi per diritto acquisito e la pagnotta devono meritarsela

Sì, la "Gen Z" è nuova. Ma i boomer sono bravi

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Largo ai giovani, ci mancherebbe. Prima il nuovo, chi può negarlo. Però poi si devono fare i conti con la realtà perché i cantanti giovani non sono bravi per diritto acquisito e la pagnotta devono meritarsela. Anche sul palco. Tanto più al Festival di Sanremo. In sostanza dal vivo in questo Festival una Bertè vale dieci La Sad e con una Mannoia si compra uno stock di Bnkr44. E non è una questione di genere, ma di capacità di stare sul palco, di arginare gli imprevisti, di intercettare il pubblico. O ce l'hai oppure no e non c'entra l'età. Sicuramente vent'anni fa Diodato era più incerto di quanto sia ora, ma Maninni, che pure è bravo, sembra proprio un pulcino allo sbando tanto è indifeso e impreparato al contatto con il pubblico, il grande pubblico che poi è il test decisivo per chiunque in qualsiasi epoca. D'accordo che lo slogan del momento è «giovane è meglio comunque» ma all'Ariston chi ha fatto la figura migliore sono tutti gli altri, ossia gli esperti, i navigati, quelli che senza problemi si possono definire «vecchi» perché, nell'epoca del politically correct, l'unica categoria che si possa sbertucciare senza che qualcuno si indigni è quella di chi ha più di quarant'anni. «Grasso» non si può dire, ma «vecchio» sì ed è vecchio chiunque usi Facebook, oppure abbia l'account di Instagram da meno di due anni. E attenzione: non è un discorso di quelli che «una volta era meglio». È semplicemente cambiata la cosiddetta «gavetta». Prima era fatta di sudore e delusioni e palchetti piccoli così. Adesso può essere - e spesso lo è - frutto di strategie, di clickbaiting, di elenchi di cifre, di stories furbette. Per carità, tutto bene. Ma poi c'è il palco. E il palco fa la differenza. Perciò il Festival resta ancora uno degli ultimi «post it» (si può ancora usare o è da boomer?) da appiccicare sul manuale per popstar: se esci indenne dall'Ariston, la stragrande maggioranza degli altri palchi sarà casa tua.

Ma se fallisci, come Blanco l'anno scorso a caccia di rose, o Rose Villain quest'anno a caccia di un'identità, beh, magari farai decine di dischi di platino, ma sarai un estraneo ogni volta che si accendono le luci.

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