Politica

Il commento Ci vorrebbe il corrispondente (scolastico) di guerra

di Marcello D’Orta
Se si va di questo passo, i quotidiani italiani dovranno avvalersi di una nuova figura di giornalista: il corrispondente di guerra scolastico. Naturalmente ciò vale anche per le redazioni dei tg. Una Carmen Lasorella, un Tony Capuozzo, un Franco Di Mare o una Tiziana Ferrario che ci informino dello svolgimento della battaglia in tempo reale: sullo sfondo una scuola, e nella scuola uno scolaro che spacca la testa a un insegnante, o un insegnante che scanna uno scolaro.
La storia delle violenze in classe è antica come il mondo, basti ricordare che il maestro latino era detto Plagosus, e plagosus vuol dire «colui che sferza». Questa violenza era per così dire unilaterale, perché ad abbuscare (a prenderle) erano sempre gli alunni. I libri di Dickens (in particolare David Copperfield e Nicholas Nickleby) ne sono una testimonianza. Nell'Ottocento anche l'Italia si difendeva bene. Il sistema di punizione più utilizzato erano naturalmente le bacchettate, poi c'è stato il progresso, e con il progresso ci si è affinati. Così si è passati dal costringere l'alunno a stare in ginocchio su ricci di castagna, al chiuderlo nell'armadietto, dal pungerlo con una siringa al legargli le braccia dietro le spalle eccetera. Nella maggior parte dei casi, i ragazzi non riferivano ai genitori di queste punizioni, per paura di «avere il resto», ma poi è successo che col '68 gli alunni hanno preso coscienza del proprio corpo (prima erano incoscienti), e «il resto» lo hanno dato loro ai professori. Questo «resto», non sono stati solo schiaffi e calci nel sedere, pugni e manganellate in testa, ma anche colpi di pugnale e revolverate.
Una recente statistica, ricordata anche dal nostro vicedirettore Brambilla sul numero di venerdì, rivela che solo il 9% dei ragazzi si dice pienamente soddisfatto del proprio papà; però la percentuale credo che salga al 100% quando padre e figlio decidono di suonarle a un insegnante. Allora è piena armonia familiare. In assenza del padre o di chi ne fa le veci va benissimo la mamma, e persino la nonna, come ha sperimentato una maestra di Quarto Oggiaro, che ci manda i saluti dall'ospedale.
I nosocomi adiacenti alle scuole accolgono spesso anche presidi e direttori didattici, segretari e applicati di segreteria (suppongo che esista un Reparto scuola attrezzatissimo).
Ed è in questo clima da guerra del Golfo che è stata assegnata alcuni anni fa la seguente traccia di tema: «Se nella tua classe è presente un compagno antipatico, oppure un professore altamente noioso, escogita un piano diabolico per sbarazzartene, naturalmente attraverso la penna. Racconta, ambientando il giallo fra le pareti della tua scuola. Abbi cura di: presentare personaggi e abitudini; inscenare il ritrovamento di un cadavere; risalire alle caratteristiche della vittima, tali da «giustificare la soppressione... ».
Mai come in questi ultimi anni si sono registrati così tanti casi di violenza tra professori e studenti, studenti e professori, genitori di studenti e professori (o presidi) oltre naturalmente tra studenti e studenti, e ci riferiamo ai casi di bullismo. L'ultima è di due giorni fa: un docente di un istituto tecnico del Cuneese ha deliberatamente investito con l'auto due suoi ex alunni (per poco non diventavano anche ex persone).


Che fare? Mandare nelle scuole i Caschi blu, o altra forza militare che divida i contendenti e controlli il rispetto del «cessate il fuoco»?
Se non si danno una calmata tutti quanti, da qui a vent'anni nelle scuole ci rimarranno solo i banchi.

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