Il commento Conferenza per Gaza: facile pensare che nulla cambierà

Settantun capi di Stato e di governo sono tornati a casa dall'Egitto al termine della conferenza internazionale dei donatori per la ricostruzione di Gaza lasciando dietro di sé l'impressione che tutto resterà come prima. I palestinesi bombardano Israele e Israele risponde con attacchi aerei che mercoledì hanno ucciso uno dei capi della Jihad islamica, responsabile del lancio dei razzi. Nessun accordo è intervenuto per la distribuzione dei 4 miliardi di dollari promessi dai Paesi donatori: Hamas non vuole che essi siano distribuiti tramite il governo di Abu Mazen in controllo della Cisgiordania e Israele non sembra disposto a riaprire i valichi con Gaza.
Il segretario di Stato americano Clinton non ha ottenuto nulla perché il governo in carica a Gerusalemme è scaduto e quello che Netanyahu cerca di formare non esiste ancora a causa delle difficoltà che il premier incaricato incontra. Egli spera che il leader del partito laburista Ehud Barak accetti di entrare nella coalizione di destra ma il ministro della Difesa rischia, se accetta, di essere espulso dal suo partito. Senza i laburisti e senza il partito Kadima della Livni, Netanyahu si rende conto che dare come promesso a Lieberman, leader del partito Israel Beitenu, il ministero degli Esteri significa mettere fine al piano di due Stati in Terra Santa accettato da tutti i Paesi della Lega araba, dai governi israeliani precedenti e sostenuto dalle grandi potenze. Cerca di smorzare l'opposizione, estera e interna a Lieberman, offrendogli le Finanze. Il che a molti israeliani apparirebbe come nominare un gatto alla custodia del latte, dal momento che Lieberman rischia di essere tradotto in giustizia per affari finanziari poco chiari.
Nulla infine sembra essere cambiato nei confronti della minaccia iraniana rilanciata a Teheran nel corso di un maxi congresso anti israeliano con grande copertura televisiva di alcuni rabbini ortodossi che, come il presidente Ahmadinejad, ritengono che Israele debba scomparire in quanto Stato laico e pertanto profanatore della legge divina. Questo rilancio della politica anti israeliana dell'Iran è stato qui trattato con l'annoiato sentimento del "già visto" che non fa notizia. Il che può sorprendere, ma visto da Gerusalemme ha una sua logica dal momento che lo spazio di manovra di qualsiasi governo israeliano sul piano internazionale è limitato. Può reagire con forza a iniziative militari arabe e trascinando i piedi a quelle diplomatiche americane, attualmente rivolte a rilanciare il dialogo fra Israele e la Siria.

La libertà d'azione di qualunque governo israeliano sta solo all'interno: nell’economia, educazione, scienza, religione, nei problemi sociali. Affrontando i quali un governo Netanyahu che non vuol saperne di uno Stato palestinese può sopravvivere e una opposizione guidata dalla Livni sperare di tornare al potere.

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