Il commento Una cultura senza colori

Ho il terrore della cultura «in rosso». Nel senso più omnicomprensivo che la gradazione cromatica sa avere: mi riferisco sia alla cultura monocromatica, per cui o sei dei loro o non sei, sia alla cultura che non può essere tale a causa del buco nei bilanci.
Con questo doppio terrore, ho affrontato la lettura, sul Giornale di qualche giorno fa, dell’intervento del ministro dei Beni Culturali Sandro Bondi (luneziano d’origine e novese di residenza e quindi, doppiamente cittadino di queste nostre pagine liguri e della Costa Azzurra e del Basso Piemonte e della Lunigiana), in cui spiegava due cose sacrosante. Primo: è sacrosanto finanziare la cultura. Secondo: è folle sperperare soldi per mantenere privilegi che con la cultura c’entrano come i cavoli a merenda. Il caso delle fondazioni sinfoniche, da questo punto di vista è emblematico.
Di fronte a questa doppia necessità (finanziare la cultura sì, sperperare soldi no), anche Genova si trova di fronte a un bivio. Che parte dal Carlo Felice, fino a oggi certamente simbolo degli sperperi e della cultura assistita, e dalla nomina di Sergio Maifredi nel consiglio di amministrazione. Maifredi, in realtà, io lo vedrei bene come candidato sindaco e non a caso è nella nostra classifica. Ma, intanto, il suo ingresso nel Carlo Felice credo che sia la prima buona notizia che riguarda il teatro dell’opera genovese da anni a questa parte. Soprattutto, per la dichiarazione con cui si è fatto accompagnare: meglio costruirsi i campioni in casa che cercarli fuori.
Altre buone notizie: lunedì Michele Scandroglio e Roberto Cassinelli presenteranno un progetto del Pdl per la cultura. Ottimo intento, soprattutto perchè viene da un mondo, quello del Pdl, in cui, fino a ieri, solo pronunciare la parola cultura faceva portare la mano alla fondina.
In questo quadro, però, deve continuare la battaglia per salvare i teatri periferici. Penso al Cargo di Voltri e, soprattutto, all’Archivolto di Sampierdarena. Via Buranello e piazza Odicini, posti dove fare teatro è già una funzione sociale, altissima. Teatri che, certo, hanno una tradizione di sinistra: la direttrice del Cargo Laura Sicignano era candidata col Pd alle regionali, quelli del Modena sono sempre andati d’accordo con Claudio Burlando. Ma, al di là della politica, sarebbe miope non vedere cosa fanno, come la fanno e dove la fanno.
Soprattutto, sarebbe miope non vedere che l’Archivolto si è aperto moltissimo alle culture altre.

E persino il Festival Mondomare, finora impermeabile, a dispetto del nome, a voci che non fossero i curzimaltese e i marchitravagli, ha coinvolto altre culture, altri mondi, addirittura me che sarò protagonista di un reading su Moby Dick in compagnia del direttore editoriale della Einaudi Ernesto Franco nel week-end di Lerici.
La ritengo una straordinaria vittoria. Nostra, vostra, non mia.

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