Il commento Finisce l’era dell’unisex

Venti di guerra soffiano sull’orizzonte dei sessi. Beninteso, non voluti o non improvvisati. Destrutturati o strutturati con sapienza e, forse, con inconscia complicità fra noi e loro, cioè uomini e donne, apparentemente, votati alla fusione o confusione dei ruoli, sembrano voler mettere le cose in chiaro, almeno, pensano e agiscono così.
La «pace dei sessi» sancita dall’imperialismo effimero del metrosexual alla David Beckham in infradito e il Johnny Depp piratescamente bistrato e listrato e dallo spalmarsi di virago di pelle vestite, cattivissime, aggressivissime, simil Milla Jovovich ne Il Quinto elemento è irrimediabilmente finita. La leva «multicult» diasporica, trans e ultrasexual, più o meno, surrettiziamente introdotta dalle nightline di Chiambretti è sostituita dalla rivendicazione e dal rancore, dalla voglia di lottare e superare una certa omologazione di parole chiave diventate d’ordine.
Non ci vuole tanto a capirlo nei tre ragazzi coalizzati del Grande Fratello e nel loro non fare gruppo, tantomeno branco, ma la differenza sì: di genere e di strategia. Stile maschio, mediamente risentito, tuttavia non eunuco rancoroso, come nello spot della Nike, dove Zlatan Ibrahimovic se ne impipa di cedere cavallerescamente il posto e il turno a una scolpita e liscia mocciosetta e Tonì Parkér butta in strada l’intera serie di calzature, toccando nel vivo, quale rivalsa virile anti-feticismo venusiano per il mondo che ruota attorno al tacco 12 e affinità elettive sparse.
Il messaggio è forte e chiaro: ormone maschile contro le smanie e la grandeur mediatica alla Sex&theCity. Appercezione sociale della realtà che trova inconsuete alleate nel «Campo di Agramante», come la regina del burlesque Ditta Von These che rivendica la parte e il ruolo sacro dell’occhio maschile nel vederla togliersi capi e capetti.
Ciò che pareva inossidabilmente unisex o polisex cede di schianto, al cospetto della rivendicazione dell’identità radicale, non solo e non tanto nella tv Mainstream fondata sull’assioma «pubblico è privato», ma anche nella tv satellitare. Raffinato è il palinsesto di Sky: un canale machista, muscolare, «fallicissimo», Axn, cui far corrispondere, un canale che mette in scena l’atmosfera da «dialoghi della vagina», notoria operazione teatrale di autocoscienza femminile, Lei, a cinque canali di distanza, laddove la felicità di Adamo dipende sempre e comunque da Eva.

L’irresistibile voglia e volontà di appartenenza e identità, rigorosamente con la «i» minuscola trasforma il sesso in metafora, «surrogato della guerra» nella società post-secolare, mentre prudenza «manzoniana» vorrebbe che tutto ciò fosse ridotto a banale constatazione: le idee si spostano e continuano a farlo, soprattutto, quando le grandi categorie politiche e culturali sono fisse e cieche. Dilemma facilmente risolvibile da un: «cara/o fatti bello/bella e vestiti che usciamo». A ragion veduta e cuor contento tenendo presente svilimenti, sfinimenti, contorsioni.

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