Il commento L’ipocrisia di chi vuol dare lezioni al Pontefice

C’è qualcosa di paradossale nelle durissime reazioni che da molte parti d’Europa come pure da Oltreoceano si sono levate contro le parole pronunciate martedì scorso da Benedetto XVI in volo verso il Camerun. Il Papa infatti non ha fatto che ribadire la posizione della Chiesa sulla lotta all’Aids, affermando peraltro ciò che studi scientifici e statistici hanno sancito: pensare di combattere e vincere la pandemia distribuendo profilattici è poco realistico.
Il preservativo può aiutare a contenere la trasmissione del virus, ma al tempo stesso favorisce comportamenti sessuali a rischio, che sono uno dei maggiori veicoli del contagio. Bisognerà pur ricordare che in una significativa percentuale di casi il profilattico non basta a proteggere dall’Hiv, e che in molte zone dell’Africa il contagio avviene a causa delle pessime condizioni igieniche, ad esempio delle strutture sanitarie, o viene contratto dai figli di madri sieropositive non adeguatamente curate al momento del parto. I dati attestano che la pandemia è diminuita solo nei Paesi dove si è lavorato nel campo educativo per modificare i comportamenti sessuali e gli stili di vita, anche se affermarlo non è politicamente corretto e disturba notevoli interessi economici.
Il paradosso dell’ultima tempesta mediatica sta nel fatto che a salire in cattedra contro Ratzinger sono stati i rappresentanti di quei governi responsabili di aver cestinato tutti gli impegni internazionali in favore dell’Africa. Gli stessi che hanno fallito l’obiettivo fissato alla conferenza di Barcellona del 2002 di destinare agli aiuti internazionali lo 0,33 per cento del Pil entro il 2006; l’impegno del 2004 sugli obiettivi del Millennio, che prevedeva l’innalzamento della quota per la cooperazione allo sviluppo sino allo 0,7 per cento del Pil entro il 2015. Così come la promessa del G8 del 2005, che annunciò di voler raddoppiare l’aiuto all’Africa. La Chiesa, invece, resta la presenza che in tutto il Continente maggiormente si impegna nell’assistenza dei malati di Aids e nell’educazione a un esercizio più responsabile della sessualità.
Certo non si può non osservare che ancora una volta il meccanismo comunicativo della Santa Sede ha lasciato a desiderare: la trascrizione ufficiale dell’intervista papale è stata «aggiustata», sono state aggiunte parole, altre sono state modificate. Non solo si è corretto «preservativi» con «profilattici» (salvo poi cambiare nuovamente dopo che le agenzie di stampa se n’erano accorte); si è anche mutata la frase sui preservativi che non risolvono ma «anzi aumentano il problema», diventata «il rischio è di aumentare il problema».

Chi legge la versione ufficiale avrà l’impressione che i giornalisti abbiano stravolto le parole del Pontefice. Ma ciò che il Papa ha detto è quello che riportavano i giornali di mercoledì, quello che i Tg avevano fatto sentire dalla sua viva voce. Non quello che gli zelanti correttori hanno pubblicato.

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