La questione dellomofobia è una faccenda seria. Qualche volta però fa ridere. Racconto un episodio comico ma istruttivo. Concluderò con una scoperta molto ma molto interessante, sempre a proposito del tema.
Lufficio stampa della Camera dei deputati è una macchina meravigliosa della nostra burocrazia: funziona come un cucù di San Gallo. Non sgarra di un microsecondo. Ma stavolta ha prevalso il cucù sulla precisione. Ha fatto cucù al sottoscritto. Mi spiego. Ogni mattino alle 8 in punto esce una rassegna stampa perfetta, attingibile da chiunque al sito www.camera.it. Viene vista ovunque nel mondo per capire che cosa accade in Italia e che cosa si pensa. È persino imparziale, anche Il Giornale vi figura ben ritagliato.
Con la vanità tipica della categoria (vuoi dei deputati, vuoi dei gazzettieri) ho controllato se cera il mio articolo sullomofobia e la trasmissione rissa di Canale 5, scritto in concorrenza con Alessandro Cecchi Paone. Guardo su internet e ci sono entrambi, il mio sotto, subordinato, ma fa niente capita. Poi per curiosità leggo e mi accorgo che sotto il mio titolo ci hanno messo il testo di Cecchi Paone. Cecchi Paone due volte. Va bene che è bisex, per suo famoso pubblico vanto, ma non vuol mica dire bi-articolo.
Sarà un errore, penso. Rimedieranno. Non telefono, non voglio passare per un fanatico, tipo lei-non-sa-chi-sono-io. Aspetto che esca il fascicolo di carta, conteso dai deputati e dai giornalisti di stanza a Palazzo. Lo apro. Pure lì, alla pagina 58, appare questo titolo fin troppo generoso verso di me: «Il difensore della famiglia. Farina: ecc». Dopo di che il presunto difensore della famiglia si lascia andare allelogio di omo, lesbiche, del loro matrimonio e così via: le nobili argomentazioni del Cecchi Paone. Il quale avrà anche due meritati cognomi, e frequenta ambo le parti anatomiche che qui non cito. Ma due articoli a lui e a me niente, è pure troppo.
Ho pensato: meno male che a essere censurato sono stato io. Se capitava a Cecchi Paone, sarebbe successo un casino. Discriminazione contro i Glbt (così li chiama il Consiglio dEuropa: sta per gay, lesbiche, bisessuali e transgender). Se poi fosse passata la legge sulla omofobia, poteva darsi pure che ci imbastissero una denuncia, e un paio danni di carcere qualcuno rischiava di beccarseli (con la condizionale, per fortuna, ma forse no).
Magari invece - visto che la vittima è chi esprime tesi contro il matrimonio gay - cè una lobby omosessuale che controlla la Camera. Naturalmente scherzo. Però posso dirlo scherzando perché la legge sullomofobia non è passata con la formulazione prevista dalla Commissione. Infatti nella legge si accennava come aggravante alla violenza contro la «libertà morale» a cagione della discriminazione e dellorientamento sessuale. E lanciare un sospetto così sarebbe di certo considerato un delitto. Per cui mi tengo la discriminazione e mi taccio.
Voglio però qui rispondere a una balla gigantesca fatta passare per verità assoluta dalla relatrice della legge, lonorevole Paola Concia. La quale ha sostenuto in aula e in interviste che lorientamento o preferenza sessuale va solo in due direzioni: verso il femminile e verso il maschile. Dunque non esiste che si consideri tutelata anche la tendenza pedofila perché è un reato. Questo mi ha rimproverato anche un gentile lettore (che si definisce etero e mi ha insultato). Invece ho rintracciato un interessante testo. Il Partito radicale nellottobre del 1998 organizzò un raduno sulla pedofilia allHotel Bologna di Roma, un palazzo del Senato, non un sottoscala.
- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.