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Il commento Non sparate sulla moviola

«Un mese senza moviola», così si espresse l’avvocato Campana, da sempre presidente dell’Associazione Calciatori, in un’intervista natalizia. L’idea è stata ripresa l’altra sera nel corso di una trasmissione televisiva. Un’idea balorda. La moviola non è un mezzo diabolico, ma uno strumento affinato dalla tecnologia che permette di rivedere le azioni più intricate a velocità rallentata fino al fermo immagine. Il discorso cambia se ne viene fatto un uso strumentale: capita quando i commenti sono di parte e certe immagini non vengono presentate ad arte.
Il mitico Campana non s’è probabilmente accorto che i registi di ogni Paese mandano in onda, a distanza di pochi secondi, il replay degli episodi di maggiore interesse. In altre parole, caro avvocato, la moviola è live. O cancelli dalla tv le partite, e quindi chiudi la baracca per mancanza di quattrini, oppure non puoi farci nulla. La rivisitazione di gol, falli in area, gesti violenti e via di questo passo rientra nello spettacolo televisivo, è parte integrante del suo canovaccio. Figuriamoci come reagirebbero gli abbonati di Sky se il network di Murdoch non mandasse più in onda un replay che è uno. Se gli arbitri sbagliano, e dati alla mano sbagliano più che in passato, non è colpa della moviola, ma di un sistema che pare fatto apposta per azzopparne le qualità e portarli, sia pure inconsciamente, a prendere le parti dei potenti nei casi dubbi. Da Calciopoli a Sudditopoli.
Il semiprofessionismo, che per alcuni s’è trasformato in un lavoro a tempo pieno, non ha migliorato la categoria, anzi. Ci sono alcuni fischietti che, pur di assumersi il minimo sindacale di responsabilità, si calano le braghe davanti all’incalzare degli assistenti. Quanto basta per crearsi un alibi, continuare ad arbitrare e andare all’incasso. La moviola non c’entra. A nessuno è venuto in mente di bloccare le auto per le stragi del sabato notte o di vietare la vendita di whisky, gin e vino per il crescente fenomeno dell’alcolismo fra i giovanissimi. Nel nostro piccolo proviamo, questo sì, a usare con maggiore attenzione la moviola facendo presente che l’arbitro, oltre a dover decidere in meno di un secondo, non ha un monitor per rivedere le azioni controverse. In tv invece si ha la possibilità di farsi un’idea ben precisa di quanto avviene sul terreno di gioco grazie a riprese effettuate almeno da quattro angolazioni diverse. Attenzione, però. In campo l’arbitro e gli assistenti vedono certi particolari meglio che in tv dove i potenti zoom delle telecamere schiacciano le immagini e annullano la profondità.
Si è arrivati così al paradosso di invertire il ragionamento e frenare il progresso. Basterebbe la moviola (instant replay, nel linguaggio americano) per fare chiarezza e giustizia in pochi secondi. Ma il calcio, come ha scritto lunedì Marco Lombardo, non vuole saperne neppure di usare la tecnologia per capire se un pallone ha varcato del tutto la linea bianca e/o di aumentare il numero dei giudici. E sapete perché? Perché il calcio ha paura di lasciare il potere a un occhio elettronico. Il basket è passato da uno a tre arbitri, nel volley e nel tennis i giudici di linea sono aumentati, in tanti altri sport la moviola è stata decisiva. È accaduto in una finale di coppa del Mondo di rugby, per di più all’ultimo secondo, e nella semifinale di fioretto femminile a squadre persa dall’Italia a Pechino. In entrambi i casi il pubblico ha avuto modo di vedere in diretta, in tribuna come a casa, le stesse immagini controllate dagli arbitri. Il calcio è rimasto al medioevo. Finiamola poi con la barzelletta che a fine stagione gli errori a favore e contro si azzerano. Ditelo a quelle squadre penalizzate all’infinito come la Roma di quattro anni fa e la Fiorentina di adesso.

Allora Bergamo ebbe almeno il pudore di scusarsi.

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