In ogni Paese, dopo una successione di crimini particolarmente gravi e impressionanti risuona linvocazione della pena di morte. Questo riflesso condizionato è del tutto comprensibile. Vuole creare o ricreare un deterrente supremo, capace di intimidire la delinquenza più truce. Càpita adesso che anche un alto organismo giudiziario, la Corte costituzionale russa, stia valutando la possibilità di reintrodurre nel gennaio prossimo la condanna capitale, sospesa dal 1999 per una moratoria.
Se attuato, questo proposito sarebbe in controtendenza. Labolizionismo ha guadagnato terreno, pur con alti e bassi. LUnione europea vorrebbe che gli Usa rinunciassero alle esecuzioni, e negli Usa stessi cè chi non le vorrebbe più per motivi economici. Arrivano lunghissimo tempo dopo la sentenza (il che le rende più disumane) e costano troppo. Mi rendo perfettamente conto delle motivazioni che inducono bravissima gente a volere il ripristino del castigo definitivo. Tuttavia non sono daccordo. Non lo sono per le ragioni che Cesare Beccaria illustrò con grande efficacia, a cominciare dalla impossibilità di correggere un terribile errore giudiziario.
Lobiezione immediata è questa: si condanni a morte solo se ci sono prove certe. Perché, lergastolo può essere inflitto con prove incerte? La risposta è no. Eppure alcuni ergastoli sono stati inflitti a torto. Avversari risoluti della pena di morte, come Aldo Forbice, attestano inoltre, appoggiandosi a statistiche, che il delitto non diminuisce là dove esiste la condanna capitale. Gli Stati americani che hanno tolto di mezzo la sedia elettrica o liniezione letale non sono stati sommersi da unondata criminale. Per quanto riguarda specificamente lItalia, ho la convinzione non solo che la pena di morte debba restare fuori dal nostro ordinamento, ma che lagitarne il ritorno significhi porre un falso problema. LItalia non ha bisogno del patibolo. Ha semplicemente bisogno duna effettiva espiazione della pena. Lergastolo in effetti non cè se non nominalmente, e pazienza. Ma lidea di scontare una trentina danni di carcere è sufficientemente paurosa, anche per il più efferato boss mafioso.
Bisogna però che i trentanni siano trentanni. Che cioè la punizione sia effettiva e non teorica, che non sopraggiungano le scarcerazioni per decorrenza dei termini di custodia cautelare o le liberazioni anticipate o le fughe dopo un permesso premio o altro. Non discuto la validità teorica del nobile concetto secondo cui la pena devessere rieducativa piuttosto che afflittiva.
Il commento Il patibolo, una scorciatoia facile ma sbagliata
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