Il commento Siamo sordi e ciechi alla minaccia integralista

Mentre scriviamo, a più di 24 ore dal suo inizio, l’attacco terroristico di Mumbai è ancora in atto, come per rappresentare quello che il mondo intero vive ormai da parecchi anni senza rendersene conto: una vera guerra del terrorismo contro tutto quello che viene ritenuto parte dell’egemonia occidentale, tutto ciò che appare un ostacolo sulla strada della vittoria della Jihad mondiale. L’ammirevole India, il grande protagonista democratico del subcontinente asiatico, spaccato e povero ma fieramente avviato sulla via della democrazia e dello sviluppo, è in questo momento il teatro della marcia terrorista che, se non ci affretteremo a combatterla, lambirà le nostre porte. Lo scontro tra islamici e indù, sempre latente con una minoranza di 160 milioni di musulmani, è tornato a galla nel 2002, quando i musulmani hanno subito severe repressioni: ma l’attuale conflitto per il Kashmir con il Pakistan è di fatto condito di moltissime venature fondamentaliste, che hanno reso i giovani islamici massa di manovra per i più grandi disegni jihadisti.
Gli obiettivi strategici del terrore e persino le sue scelte estetiche sono state, negli anni passati, puntuali: a New York le Twin Towers, il sogno e l’ambizione economica americana; a Gerusalemme la vita quotidiana, università, autobus, supermarket, quello che gli ebrei, dopo secoli, hanno chiamato Patria; a Londra e a Madrid le subway, vie di comunicazione verso la modernità e l’integrazione europea. In quegli attacchi è stato usato soprattutto l’esplosivo; a Mumbai invece è stata occupata la città manu militari con le armi automatiche; ben dieci sono stati i luoghi prescelti, l’ambizione di vittoria è stata suprema, l’esplosivo è stato fatto brillare durante tutta la giornata, i morti e i feriti sono stati disseminati ovunque, fra indiani e stranieri, senza discriminazione purché fosse morte, Al Qaida e i suoi alleati hanno messo in scena a beneficio dei media l’occupazione territoriale islamista di un Paese in bilico, hanno indicato l’India confusa e atterrita come un facile terreno di conquista una volta sconfitta l’influenza occidentale e la componente indù. Al Qaida, e non da sola, si è presentata con la grande ambizione di sovvertire la strada dello sviluppo e di una combattuta democrazia di un Paese che, con tutte le sue controversie, non si è abbandonato alla satrapia o al patteggiamento col terrore, come invece hanno fatto l’Afghanistan e il Pakistan.
Non dimentichiamo che i terroristi hanno cercato di isolare, fra gli ostaggi, americani, inglesi e israeliani; e che hanno mescolato i grandi obiettivi locali (ospedali, stazione, persino una stazione di polizia), i grandi alberghi internazionali e anche la “Casa” degli Chabad, un centro religioso ebraico.

Che può esserci di più espressivo? Con chi non ce l’hanno i terroristi islamisti? Dove sono i loro limiti? Quali limiti morali circa i diritti dei civili non sono disposti a superare? Siamo tutti nel loro mirino ed è vero oggi ciò che Bin Laden proclamò già nel 1998: una grande guerra contro i Crociati e gli Ebrei. Da allora, siamo ancora sordi e ciechi.

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