La commissione parlamentare sugli errori medici presieduta da Leoluca Orlando dà numeri sulla malasanità a dir poco striminziti. Le associazioni mediche si sentono sempre attaccate, ma sull'erroneo presupposto che chi sbaglia debba vergognarsene, mentre solo chi sta a braccia incrociate non incorre in errori.
Purtroppo verità è che se la commissione avesse certificato anche un solo decesso annuo per malpractice la classe medica avrebbe comunque levato gli scudi. Siamo italiani: non tolleriamo la sconfitta. Un anglosassone si scuserebbe nella consapevolezza che l'errore è il rischio più che dignitoso di chi lavora, i connazionali s'incazzano. Il risultato è infatti che tutte le Asl coprono il rischio sanitario con assicuratori anglosassoni. La seconda certezza è che Orlando e i suoi ci hanno raccontato una frottola pari a quelle che Fini crede o fa finta di credere dal cognato. Un monitoraggio di 17 mesi per partorire un simile monstrum meriterebbe la stipendio in bianco alla commissione, ammesso che queste servano a qualcosa se non a stipendiare soggetti in cerca di occupazione.
Per ottenere le cifre vere della malasanità e non diramare tarocchi su carta intestata di Stato basterebbe un impiegato che diligentemente chieda agli amministratori delegati delle compagnie assicurative i numeri dei sinistri pagati. Ormai sono pochissimi i coraggiosi che si assumono il rischio medico, quindi il lavoro sarebbe anche agevole: un paio di mesi di un buon amministrativo e un foglio excel su cui incrociare le statistiche. Costo vivo dell'operazione entro i cinquemila euro e situazione sotto la lente d'ingrandimento della verità: infatti, gli avvocati potrebbero ingigantire i numeri per convenienza da una parte, i medici restringerli per l'interesse opposto.
L'assicuratore è l'unico che non può raccontare bugie perché mette mano a quanto ha di più caro: il portafoglio. Tutto ciò è però troppo semplice e non si presta ad imbastire commissioni, stipendi, dossier e la solita pila di balle che amano raccontarci. Allora Leoluca Orlando presta il suo volto, e non potrebbe essercene uno più indicato, a una simile colossale barzelletta e gli addetti ai lavori (avvocati, liquidatori, medici-legali etc.) si consumano di risate da circa quarantotto ore. Il c.d. profilo di rischio (si chiama così anche se Orlando non lo sa) del Servizio sanitario nazionale tracciato dalla commissione è degno delle performance di Totò in «Guardia e ladri» o delle marachellate di Pulcinella. Qualche anno fa l'associazione italiana di oncologia medica (Aiom), quindi medici e non avvocati, nel corso di una puntata di «Porta a Porta» parlò di 30.000 morti l'anno di malasanità. Seguì un interessante reportage di Gatti su «L'Espresso» che documentò 7.500 morti l'anno per infezioni nosocomiali e svariati dossier stampa che riportavano cifre più e meno veritiere. Un colpo al cerchio medico e uno alla botte legale. Qualche titolo di tg per i casi più eclatanti che prenderanno erroneamente la via penale e verranno archiviati secondo l'altissimo principio giuridico canis ne cavet canem.
L'unico dato concreto che preoccupa è la fuga degli assicuratori dal rischio sanitario e l'aumento esorbitante dei costi delle polizze. Ancora nessuno però aveva avuto l'ardire di mettere su carta intestata dello stato italiano una pièce così esilarante.
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