Il commento Il vero successo di Netanyahu: guadagnare tempo

Quanto durerà il successo riportato da Benyamin Netanyahu col suo discorso all'università di Bar Ilan, domenica scorsa, in risposta a quello programmatico di Obama sul Medio Oriente? Probabilmente poco se si deve giudicare dallo scontro fra il segretario di Stato americano Clinton e il ministro degli Esteri israeliano Lieberman, sulla questione degli insediamenti. Lieberman ha respinto la richiesta americana di totale blocco delle colonie, inclusa la costruzione di alloggi per soddisfare l'aumento demografico all'interno degli insediamenti stessi. La Clinton è rimasta invece irremovibile sul congelamento totale delle costruzioni. Ma la partita è lungi dall'essere chiusa. Anzitutto perché Lieberman non poteva rimangiarsi la principale promessa elettorale senza perdere il sostegno dei coloni; non è però lui a decidere la politica estera, ma Netanyahu. Poi perché il discorso del premier israeliano ha tracciato abbastanza chiaramente le linee di condotta che vuole seguire e che gli hanno portato il consenso di Obama e del leader dell'opposizione, Livni.
Netanyahu si è detto disposto ad accettare la creazione di uno Stato palestinese se demilitarizzato. Con questo ha rimosso il principale terreno di scontro con Washington. Allo stesso tempo ha incassato l'approvazione della Livni. Così facendo ha segnalato ai partner religiosi e antipalestinesi nella coalizione governativa di aver pronto un partito di ricambio - Kadima - in caso di crisi. Quanto alla demilitarizzazione dello Stato palestinese è difficile che americani e arabi possano opporsi, dopo l'uso che Hamas ha fatto di Gaza evacuata dai coloni.
Ci sono due altri punti interessanti nel discorso di Netanyahu. Accettando l'idea dello Stato palestinese non ha parlato di frontiere, come hanno fatto tutti i suoi predecessori di centrodestra e centrosinistra. Implicitamente non ha escluso che queste frontiere possano essere quelle del 1967, con qualche eventuale modificazione negoziata coi palestinesi. Evitare di parlare di frontiere era una trappola tesa ai palestinesi, nella quale questi sono caduti respingendo in toto il discorso del premier israeliano. La loro precipitosa e drastica reazione ha dimostrato - quello che si era sempre saputo ma mai detto - che lo scopo dello Stato palestinese non è la restituzione del territorio occupato da Israele nel 1967 (cioè 2.500 kmq circa) ma la scomparsa dello Stato israeliano. I confini sono uno dei tre problemi di fondo del conflitto di Israele coi palestinesi.

Gli altri due (riconoscimento di Israele in quanto Stato ebraico e ritorno dei rifugiati palestinesi in Israele) sono problemi su cui l'amministrazione americana non può fare pressioni, dal momento che significherebbero la fine dello Stato d'Israele a cui Obama ha detto al Cairo, essere l'America «legata in maniera indissolubile». Tenuto anche conto della situazione post elettorale in Iran, il vero successo di Netanyahu è aver guadagnato tempo. Nel Medio Oriente è il fattore necessario per non fare nulla.

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