Il commento Volgare non è Silvio ma i suoi calunniatori

Ho ascoltato il discorso di Berlusconi a Benevento e capisco perché la direzione mi abbia chiesto di commentarne la parte che ha colpito anche me, non per la sostanza, condivisibile, ma per la «dignità» della fonte. In sostanza Berlusconi, procedendo nel suo disegno di avvicinamento della politica alla dimensione quotidiana, anche scardinandone i riti, ha usato una formula molto comune, ma poco formale. In sostanza ha detto non: «Screditando me, si scredita il Paese», ma: «Sputtanando me, si sputtana il Paese». Nessuno dubbio che il processo di «sputtanamento» sia iniziato da tempo e sia stato scientificamente perfezionato; e nessun dubbio anche che nessun’altra espressione sarebbe più pertinente, puntuale e corretta. Corretta ma non «politicamente» corretta.
Non di meno l’uso del verbo «sputtanare» colpisce, se a pronunciarlo è un presidente del Consiglio. Si pensa che Napolitano non l’avrebbe mai usato, ma già si può ritenere che forse D’Alema, tra ironia e sarcasmo, in un comizio agguerrito, avrebbe potuto ricorrere a un’invettiva di questo tono. E si può dire con certezza, benché non sia avvenuto, che l’espressione non avrebbe stupito sulla bocca di Cossiga. Dunque il processo di informalizzazione della lingua politica è già cominciato da un pezzo, ma questa così precisa formulazione rispecchia con grande efficacia gli effetti della grande opera di distruzione che si è venuta compiendo, o tentando, a danno di Berlusconi.
Lui reagisce imperterrito, e anche nel linguaggio cerca di attenuare i rischi e limitare i danni dell’agguerrito nemico. Il quale, intanto, con le sembianze dell’educatissimo e impeccabile Franceschini lo definisce, nelle stesse ore in cui Berlusconi si lamenta «sputtanato», ominicchio. Un’uscita non particolarmente elegante dopo l’alzata di scudi al bel contropiede berlusconiano che, risalendo a una mia molto fortunata definizione, apostrofò la «toscanaccia» e, se vuole, spiritosa e beffarda, Rosy Bindi, «più bella che intelligente». Molto criticato il già «sputtanato» premier, molto ammirata la Bindi che ha prontamente risposto: «Io non sono una donna a tua disposizione». Un divertente duello, peccato che il premier, spiazzato o distratto, non abbia concluso con la battuta inevitabile: «Per fortuna!».
Non risultano neppure appelli, proteste, mani nei capelli per i continui insulti a Berlusconi, anche sul piano fisico, come «psiconano», «nano di Arcore» e, da parte di un segretario di partito, «mafioso». A conclusione di questa rappresentazione di schieramenti ringhianti, non può stupire se Berlusconi ricorra alla formula, inconsueta per un premier, «sputtanamento». Mai come in questo caso, pertinente, dal momento che la ridicola offensiva dell’opposizione e dei giornali come Repubblica 2000 ha da sei mesi come unico argomento il tema delle escort, puttane reali e «sputtanate», ma esaltate come eroine e vittime nel momento in cui, tra intercettazioni e registrazioni, rivelano la loro «gola profonda». Allora la D’Addario diventa il leader dell’opposizione. La si esibisce in televisione, non per l’abuso del pettegolezzo ma della denuncia.

D’altra parte, un’altra donna, Veronica, moglie di Berlusconi, aveva aperto la strada, proprio su Repubblica denunciando le donne come «ciarpame senza pudore», prestate alla politica dal marito. Come non pensare dunque che, per tutta questa incandescente e pruriginosa materia, il premier non denunciasse la forzata condizione di «sputtanato»?

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