Guido Mattioni
nostro inviato a Cremona
Ancora appetiti. Appetiti padani. Due anni fa, proprio di questi tempi, toccava a Parma, con il fragoroso schianto contabile della banda Tanzi. Alla vigilia dello scorso Natale la ribalta era andata a Lodi, con i draculeschi prelievi dai depositi degli ignari correntisti della locale quanto megalomane Banca Popolare. E ora tocca a Cremona. Certo, quanto alle cifre non c'è gara: «appena» 6 o 7 milioni di euro fatti sparire - questa è l'accusa - dai fondi destinati alla previdenza o al fisco, così come alla gestione liquidatoria di alcune aziende interessate da procedura fallimentare. Un polverone che però, per la personalità, la notorietà e la «colorazione» dei suoi due principali protagonisti, assume sapore e speziatura politica. Anche se la politica, in questo caso, è molto probabilmente soltanto una delle vittime della vicenda.
La «bomba» - ma forse sarebbe meglio chiamarla con il suo nome, petardo - è esplosa martedì, con gli arresti domiciliari scattati per il professor Italo Bracchi, 67 anni, commercialista di grido, ma anche iscritto di lunga data dei Democratici di sinistra (dopo un antico esordio come socialdemocratico), nonché uomo di fiducia per la raccolta fondi nelle campagne elettorali del sindaco diessino Gian Carlo Corada. Primo cittadino che da Alaquas, la città spagnola con cui è gemellata la capitale del torrone, non può far altro che ammettere il suo sconcerto: «Sono sorpreso e dispiaciuto. Conosco Bracchi da tempo e lo stimo». Ma a questo punto della narrazione, una pausa è d'obbligo. Perché lo «scoppio» di martedì scorso era stato preceduto da quanto avvenuto qualche mese fa, il 2 maggio. Quando lo stesso Bracchi aveva scoperto nei conti del suo studio professionale il forte ammanco e aveva denunciato il suo stesso socio ed ex pupillo: Adriano Lazzarinetti, 43 anni, anche lui ex tesserato Ds (ne è stato espulso), ma con un passato e un presente di assidua e appassionata militanza nellAzione Cattolica, nel Consiglio diocesano e nel Movimento per la vita. Bracchi, descritto da molti come uomo fondamentalmente spocchioso, che nelle riunioni dei numerosi consigli di amministrazione di cui faceva parte era solito astrarsi immergendosi platealmente nella lettura di un romanzo, vista linoppugnabilità documentale degli ammanchi avrebbe addossato allepoca al collega la responsabilità degli stessi, forte anche del fatto che per due anni, a cavallo del 2000, per motivi di salute lui aveva lasciato lo studio proprio nelle mani di Lazzarinetti. Uno scatto di buona coscienza, il suo, che alla luce dei fatti più recenti potrebbe sembrare motivato più da motivi di convenienza che di autentica indignazione professionale. Una prudenziale copertura, insomma. Servita tuttavia a poco, alla luce degli arresti scattati martedì. Probabilmente «anche» (ma non solo, tengono a dire gli inquirenti) per una prevedibile e vendicativa chiamata a correo da parte dell'ex socio e pupillo. Il quale, dopo cinque giorni di cella e qualche mese di regime domiciliare è sottoposto dall'11 novembre scorso unicamente allobbligo di dimora.
Arresti da subito soltanto domiciliari, invece, quelli di Bracchi, a riconoscimento delle sue note condizioni di salute. Resta il fatto che il commercialista, di cui oggi sono in molti, nel locale mondo degli affari, a mettere in dubbio le effettive capacità a districarsi nei meandri del diritto societario («Il suo livello è in fondo quello di un super ragioniere, ma nulla più», si sente dire), costituisce comunque oggi un problema proprio per la sua parte politica. Non a caso, il segretario della federazione diessina cremonese, Pierattilio Superti, nel sottolineare come nei confronti di Bracchi sia comunque già scattato il provvedimento di sospensione preventiva dal partito, non esita a definire la Quercia stessa «parte lesa» della vicenda. «Al suo studio avevamo affidato le dichiarazioni Iva, la gestione dei contributi, delle buste paga e di quant'altro - spiega -. Se dico che siamo parte lesa non è perché ci siano stati sottratti dei quattrini, dato che abbiamo sempre insistito per fare noi i versamenti in prima persona, consegnando poi le ricevute allo studio. So solo che a noi, poi, sono arrivate le multe, come se non avessimo pagato».
Un «avversario politico» come Salvatore Malvezzi, consigliere comunale di Forza Italia ribadisce «la posizione di assoluta prudenza» del suo partito nei confronti degli inquisiti e sottolinea come «la gogna sia sempre stata usata a fini politici dalla sinistra».
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