Gian Maria De Francesco
da Roma
«Il Paese ha bisogno di cambiare rotta. Lo si può fare, lo si deve fare e bisogna farlo presto e bene». Il presidente di Confcommercio, Carlo Sangalli, ha sintetizzato in questo modo il malcontento della sua associazione nel corso dellassemblea straordinaria convocata per esprimere la contrarietà dellintera categoria a «una Finanziaria da cancellare».
La legge di bilancio impostata dal governo Prodi, ha spiegato il leader dei commercianti, è «la goccia che ha fatto traboccare il vaso» di un Paese colmo fino allorlo di inefficienze. Un Paese dove per avviare unimpresa bisogna spendere 3.600 euro (17 volte più che nel Regno Unito), dove la burocrazia alle aziende costa 13 miliardi di euro lanno e dove fino al 76% degli utili viene assorbito da tasse e balzelli. «Il governo - ha aggiunto Sangalli - dovrebbe spiegare a cosa serva una manovra da 40 miliardi di euro che non rimette in moto la crescita, che colpisce le imprese e che redistribuisce poco e male».
Le accuse del presidente di Confcommercio sono rivolte direttamente al premier Romano Prodi, allesecutivo e alla fragile maggioranza che li sostiene. «È impazzito il Paese o è questa Finanziaria che non comprende i suoi bisogni e le sue aspettative?». Al ministro del Lavoro, Cesare Damiano, è stato invece rimproverato lintervento «a gamba tesa» sui contratti a termine: una retromarcia sulla legge Biagi definita «la resa al potere di veto del sindacato e alla sinistra massimalista». Né sono stati valutati come effettive modifiche i tentativi del governo di ricucire i rapporti con le imprese attraverso gli emendamenti che hanno abbassato i contributi previdenziali sullapprendistato e hanno cancellato la tassa di soggiorno. «Questo è il primo risultato di unassemblea straordinaria che si basa più sulla forza della ragione che sulla forza dei muscoli», ha commentato Sangalli ricordando come «il menu della manovra non sia cambiato».
La principale critica alla Finanziaria, tuttavia, è laver dato «unimmagine distorta dellItalia», spaccata tra ricchi e poveri, tra padroni evasori e dipendenti sottopagati sottraendo risorse al contrasto del sommerso, dellabusivismo, della contraffazione e della fuga dei capitali. «Si pensi a perseguire tanto la qualità e la riduzione della spesa pubblica quanto la riduzione delle aliquote», ha invocato Sangalli sottolineando che solo in questo modo, e non con la demagogia, si combatte levasione fiscale. Poi, una stoccata al metodo concertativo ristretto a Confindustria e sindacati: «un errore gravissimo» che esclude dalla rappresentatività leconomia reale del Paese. Il numero uno dellassociazione del terziario ha rilanciato la proposta di un «patto per la crescita» che eviti allItalia il sorpasso da parte della Spagna zapateriana. «Se per ottenere questo obiettivo - ha concluso - è necessario rimettere mano alle regole della politica e del sistema istituzionale, lo si faccia: con la Costituente, con una nuova bicamerale e quantaltro».
Il discorso di Sangalli, ovviamente applauditissimo, si è concluso con un richiamo bipartisan a una platea che non ha mancato di scandire di tanto in tanto un «Prodi a casa!». Prima dellintervento del presidente, tuttavia, due «volenterosi» avevano già tracciato il solco. Bruno Tabacci (Udc) ha riscosso un grosso consenso (oltre dieci applausi) riproponendo un piano dazione fondato su tre priorità: nuovo patto fiscale, maggiore qualità della spesa pubblica e ampie liberalizzazioni. Al diessino Nicola Rossi, invece, sono toccate nuove contestazioni dopo quelle di Federmanager in quanto componente della maggioranza («È colpa vostra!», «Non ci sapete parlare» le invettive).
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