Controcultura

Il commissario De Vincenzi e il delitto di Capodanno

È l'1 gennaio 1933, una telefonata annuncia il ritrovamento di un cadavere nel Naviglio...

Il commissario De Vincenzi e il delitto di Capodanno

«Disposti accettare sua offerta, preghiamoLa confermare telegrafo sua venuta primo maggio Torino, rimborso lire 250 totali. Cordialità». Così recitava il telegramma che l'Eiar (l'Ente Italiano per le Audizioni Radiofoniche) aveva mandato al giovane Nicolò per comunicargli che aveva accettato di riceverlo a colloquio. Il neolaureato aveva in mente un piano ben preciso: proporsi come commentatore di eventi sportivi per la radio. Nicolò era convinto che il nascente mondo del calcio italiano meritava di essere raccontato in maniera epica e colorata. Nicolò superò il colloquio con i dirigenti dell'Eiar e negli studi di Torino improvvisò un'immaginaria partita Juventus-Bologna ricca di reti, calci d'angolo e parate. Un match di cui si immaginò anche il risultato finale di 5 a 5. Fu quel suo racconto inventato a portarlo il primo gennaio del 1933 allo Stadio Littoriale per l'amichevole Italia-Germania. Il giovane speaker giunse a Bologna un po' preoccupato per il suo debutto. Arrivato in postazione, Nicolò sistemò la sua seggiola dietro il microfono e tirò fuori carta e penna che depositò sul tavolo. Si concentrò a lungo e quando la diretta iniziò, per qualche istante, la voce del radiocronista sembrò non uscire dalla sua gola. Poi con coraggio pronunciò una breve frase: «Amici sportivi qui è Nicolò Carosio che vi parla dallo Stadio Littoriale di Bologna...».

Fu quella la voce che il commissario Carlo De Vincenzi, nel suo salotto in via Massena a Milano, udì attraverso la sua massiccia Westinghouse Radio. L'apparecchio era stato acceso qualche minuto prima delle 14 e adesso, grazie al commento di Carosio, anche De Vincenzi si sentiva sul campo, accanto alla nazionale di Vittorio Pozzo e al suo bomber Giuseppe Meazza. Il poeta del crimine non fece però in tempo ad ascoltare tutta la partita. Il telefono di casa sua squillò infatti proprio mentre Nicolò Carosio annunciava il primo goal messo a segno dal calciatore tedesco Oskar Rorh.

«Commissario, sono Damiani, hanno trovato un uomo morto sui Navigli».

«Avete già rimosso il corpo?»

«No. Ci sono Bruni e Crumi a custodirlo in attesa del Dottor Dellanoce».

Quando De Vincenzi arrivò sulla Darsena gli bastò scoprire il cadavere dal telo che lo ricopriva per riconoscere un volto a lui conosciuto. Sdraiato nudo e con la pelle bianca e bluastra giaceva il Piero Magni. Lo aveva incontrato spesso e lo ricordava mentre con convinzione ad alta voce ripeteva la sua tiritera per attirare clienti: «Raneee. Ranee vive ciappà stanott in de la risera! Fée risott coi rann, ò donn, stasira!». Anche il commissario aveva acquistato talvolta delle rane dal Magni, facendosele poi cucinare dalla sciura Maria Ballerini. Le preferiva fritte piuttosto che nel risotto. Ci voleva coraggio per spellarle ancora vive e poi friggerle. Faceva impressione vederle sgambettare ancora mentre venivano preparate.

Il Magni faceva el ranee nei mesi stagionali con la «r» e nel resto dell'anno si arrangiava dando una mano al mercato del Verziere. Nei mesi giusti portava sulla Darsena i suoi cavagni pieni di rane raccolte nelle rogge lombarde. Una volta catturate le copriva con un panno. Dovevano restare vive sino all'ultimo. La gente le sentiva gracidare a distanza e ogni tanto qualcuna saltava fuori dai cesti per la gioia dei bambini che si mettevano a inseguirle.

«Abbiamo trovato i suoi vestiti ben piegati sulla riva assieme ai suoi cestini vuoti» spiegò Bruni a De Vincenzi.

«Me li mostrate?»

«Eccoli, commissario, a parte questi teli di iuta non contengono nulla».

Il commissario toccò gli involti e li annusò. Percepì un forte profumo di umidità. Alzando lo sguardo si accorse che vicino al Ponte dello Scodellino stava attraccando un comballo carico di sabbia e ghiaia. Dall'imbarcazione si lanciò verso la riva un barcaiolo che legò una cima una volta arrivato a terra. Uno dei suoi compagni accompagnò la barca a riva impugnando una gaffa. I marinai rumoreggiavano. De Vincenzi andò loro incontro.

«Buongiorno signori, da dove venite?»

«Siamo partiti stamattina da Sesto Calende. Purtroppo siamo in ritardo. Avremmo dovuto essere arrivati già da un pezzo ma all'altezza di Castelletto di Abbiategrasso due barconi si sono incagliati e abbiamo dovuto liberare la strada. Adesso dobbiamo fare in fretta a scaricare il comballo prima che cali la luce, se no rischiamo di ritornare al buio e in mezzo alla scighera».

«Qualcuno di voi conosceva il Piero Magni?»

«El ranee?»

«Sì, il ranaio».

«Perché ce lo chiedete?»

«Perché il Magni è stato trovato stamani cadavere».

«Oh Santa Madona e cuma l'è success?».

«Lo hanno ripescato nudo in acqua».

«Sarà minga stada la Borda?»

«La Borda?»

«Sì, la stria che la viv nel mez de la scighera».

«Una strega?»

«I barcaioli credono che nelle giornate in cui la nebbia è più densa questa donna maledetta attiri nell'acqua le sue vittime», commentò il più robusto dei marinai.

«È una leggenda ma noi viaggiamo sempre in gruppo per evitare che uno di noi si addormenti e nel sonno venga ghermito dalla Borda».

Il commissario De Vincenzi era pensieroso. Che tipo di strega aveva mai potuto annegare il Piero Magni, abituato a nuotare fin da piccolo in stagni dall'acqua melmosa?

«Andiamo a farci dare una ciotola di minestra calda all'osteria. Giusto per scaldarci. Ci scusi commissario, la salutiamo».

Gli occhi di De Vincenzi seguirono i marinai che entravano allo Scodellino. E quando vide aprire la porta dell'osteria da un donnone dai capelli ramati il suo sguardo si accese.

Con passo sicuro il poliziotto si avventurò nella stamberga. Un profumo intenso di cucina riempiva l'aria.

«Avete fame?» domandò la Rossa rivolgendosi a De Vincenzi.

«Cosa mi proponete?»

«Zuppa di cavolo oppure risotto alle rane?»

Sedendosi su una panca accanto ai marinai De Vincenzi ordinò solo un bicchiere di vino. Gli era passato l'appetito ma sapeva che avrebbe dovuto ingannare l'attesa per poter interrogare la donna. L'ostessa aveva un fisico possente e un volto affascinante. Se la immaginò mentre convinceva il Piero Magni a spogliarsi nudo davanti a lei. Se la figurò mentre gli teneva la testa sott'acqua e lo affogava e mentre con calma svuotava i due cavagni pieni di rane.

«Buon anno amici» disse De Vincenzi alzando il bicchiere.

«Buon anno commissario» risposero in coro i marinai.

«A cosa brindiamo?»

«Alla salute del Piero Magni amici e a quella delle sue rane».

La Rossa si fece scura in volto.

«Le rane non mordono perché non hanno i denti. Le vipere invece hanno un morso letale».

«Cosa intende dire commissario?»

«Che non è stata la Borda ad affogare il Magni ma una strega di ben altro genere e io non me ne andrò di qui finché non avrà confessato».

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