La profonda riflessione giuridica del prof. Maresca, docente di diritto internazionale all'Università di Udine ed esperto di infrastrutture, trasporti e logistica, la manifestata volontà ministeriale di porre mano alla legge 84/94 perché insufficiente a rilanciare la portualità italiana, un momento storico congiunturale che si presenta molto favorevole per i porti italiani, purché se ne colgano e si sfruttino gli elementi positivi, ci portano ad effettuare alcune riflessioni. Fra le altre considerazioni il prof. Maresca identifica l'art. 17-lavoro portuale temporaneo come un servizio trasversale di interesse generale che consente a tutti gli operatori portuali di affrontare situazioni di anormalità dei traffici o comunque di integrare la loro manodopera. Partendo dalla eliminazione dei monopoli, che storicamente avevano portato i porti italiani alla rovina, la legge 84/94 affermava alcuni semplici concetti: a) nei porti maggiori vengono create le Authority, con compiti importanti del Comitato Portuale di «indirizzo, programmazione, coordinamento, promozione e controllo»; b) l'art.16 identifica le operazioni portuali che possono essere espletate per conto proprio o di terzi, da soggetti autorizzati che possono avere o non avere aree e banchine; c)l'art. 17 disciplina la fornitura del lavoro portuale temporaneo alle imprese; d) l'art.18, concessione di aree e banchine comprese nell'ambito portuale alle imprese per l'espletamento delle operazioni portuali. Nella legge 84/94 l'art.17, fra i 29 che la compongono, è l'articolo che è andato nel tempo ad occupare più spazio, pur facendo riferimento ad una attività che dovrebbe essere saltuaria, facoltativa e marginale; ciò si è verificato solo perché il legislatore ha subito le assurde pressioni che hanno portato a perseguire non la salvezza ed il rilancio dei porti bensì la tutela ed il ruolo delle ex compagnie portuali. L'esempio più miope e più negativo in Italia si è avuto purtroppo a Genova dove si è dato corso dal 2002 al «patto scellerato» che prevede l'uso esclusivo dei portuali nelle operazioni portuali, un costo contenuto dei portuali medesimi e canoni di concessione bassi per le imprese terminaliste e tale esempio molti vorrebbero estenderlo a tutta la portualità italiana, magari cambiando e/o forzando la legge. La situazione genovese ha portato un grave danno al porto in particolare perché le imprese concessionarie hanno disatteso quanto previsto dall'art.18 c.6, cioè l'obbligo di sviluppare i traffici e la produttività del porto, fare investimenti ed avere un organico di lavoratori rapportato al programma di attività, hanno in pratica rinunciato al ruolo principale dell'imprenditore cioè quello di accettare il rischio di impresa che passava attraverso investimenti ed occupazione, con la necessità quindi di sviluppare i traffici ed i ricavi, in caso contrario, se non si raggiungevano gli obiettivi del programma di attività l'Autorità Portuale doveva revocare la concessione. In conclusione le imprese terminaliste genovesi dovrebbero assumere come dipendenti buona parte dei lavoratori della Compagnia, lasciando nel pool di manodopera un numero limitato di addetti ed utilizzando lo stesso come serbatoio privilegiato di professionalità da far transitare, quando necessario, verso i terminalisti con regolare contratto a tempo indeterminato. Si passerebbe da una situazione di regime vizioso a quella di regime virtuoso, dove tutti sarebbero interessati a sviluppare le attività portuali, con i conseguenti vantaggi diretti per il porto ed indiretti per tutto l'hinterland di influenza.
ex dirigente Autorità portuale di Venezia
Mi sembra che anche lipotesi del Commissario sia un meglio di niente... ma un palliativo perché o si chiama un Commissario da un porto del nord Europa (Rotterdam, Anversa) dotato con pieni poteri e slegato «dai condizionamenti» locali (tutti inclusi... armatori, operatori, lavoratori, aziende che operano allinterno etc. etc) oppure il solito «commissario» italiano o genovese piuttosto che ligure non riuscirà nellimpresa!
Giovanni Salvi
Ho letto con sincera meraviglia la sua nota sulla necessità di trovare un sostituto al presidente della autorità Portuale genovese per «incapacità del presidente attuale», regolarmente scelto e nominato dalle forze politiche attuali della nostra Regione. La notizia mi è apparsa tendenziosa in quanto non mi sembra che lattuale presidente Merlo si stia dimostrando peggiore degli ultimi tre presidenti precedenti. Certo sembra che non sia disposto ad accettare i sistemi della Compagnia Unica e non vorrei dover dare ragione al signor Spinelli quando affermò alla televisione che i Ministri precedenti dei Trasporti in visita a Genova erano usi recarsi prima dal presidente della Compagnia, poi da quello della Regione e poi finalmente da quello dellAutorità Portuale. Altra meraviglia consiste nella lista dei nuovi presidenti, quelli sì che hanno avuto sul campo risultati non certamente esaltanti. Per ultimo vorrei ricordare che nel 1904 il Consorzio del Porto è nato Autonomo, cioè al di fuori di interessi personali, come si sta dimostrando oggigiorno quando, con la fame di accosti per le navi crociera che arrivano e partono tutte il sabato e domenica, la spartizione del Ponte Parodi, per dimensioni uguale al Ponte A. Doria, avvenuta tra lAutorità Portuale il comune e altri interessi è stata fatta senza pensare molto alle reali necessità del porto.
Pro Schiaffino
Meglio il presidente o il commissario, al vertice di Palazzo San Giorgio? Dopo aver riportato con rigore e fedeltà la notizia - vera e tuttaltro che tendenziosa, caro Comandante Pro Schiaffino, nel silenzio assordante degli altri «media» - ci permettiamo di reiterare manzonianamente il nostro «debol parere»: per noi sarebbe meglio uno (o una, perché no?) che, avendo in mano il timone, sapesse portare la nave-porto fuori dalle secche verso il mare aperto. Per il bene dello scalo, di Genova e del Paese. Chiamalo, se vuoi, commissario o presidente, purché sia «la persona giusta al posto giusto». Ma forse è tendenzioso pretenderlo...
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