(...) Il secondo grazie a Saviano è per i decaloghi. Funziona allo stesso modo, quello degli elenchi, anche perchè una buona idea si può sfruttare pure due volte e lo stile letterario del «vado via, resto» ed è il fil rouge del suo libro edito da Feltrinelli e del suo tour in giro per lItalia. Ma non è questo che ci interessa qui. Il punto più interessante è che Saviano ha chiesto ai lettori di fare il loro decalogo della vita e alcuni sono stati pubblicati su Repubblica laltro giorno. Faccio un esempio con quello di un certo Luca, per farmi capire. Per Luca le dieci cose per cui vale la pena di vivere sono: 1) Piangere guardando La vita è bella; 2) Fare scarpetta; 3) Accompagnare i figli e ritrovarsi a giocare a pallone tra i papà; 4) Insegnare ai propri figli a non aver paura di scelte coraggiose; 5) Vedere i colori del tramonto sulla Marmolada; 6) La pizza; 7) Andare in moto destate con la persona che ami; 8) Il primo ti amo detto a mia moglie; 9) La prima volta che ho tenuto in braccio mio figlio appena nato; 10) Un giro in bicicletta con la famiglia: zaini, panini e tanta voglia di stare insieme».
Dico subito che questo è anche il mio decalogo. Sì, certo, sostituirei la Marmolada con i colori del tramonto sullAurelia, guardando il golfo Paradiso; non so guidare la moto e, quindi, andrei in bicicletta con mia moglie Loredana, anzichè in scooter, però il resto - dalle lacrime per La vita è bella ai momenti con i miei figli - corrisponde al mio decalogo.
Anzi, trovo folle il voler classificare tutto questo come «di sinistra» e regalare a una parte politica i valori che non hanno colore. Lamore e la bellezza non sono nè di destra, nè di sinistra. Ed è veramente stupido e spesso autolesionista tentare di inscatolarli e incapsularli.
Detto questo, posso provare anche un mio personalissimo decalogo del Giornale di Genova e della Liguria, che va dallintuizione che la focaccia al formaggio è un giacimento culturale che può funzionare da volano di sviluppo molto più che insistere su attività industriali senza ormai più futuro, al tentativo di valutare sempre le persone e mai il colore della loro maglietta.
E poi, per lappunto, la bellezza della spiaggia di Varigotti in Fuoriclasse e ciò che ha significato per dare agli insegnanti il loro ruolo. O Mondomare e la magica serata nel golfo dei Poeti, a Lerici, davanti al giardino di Mary Shelley, quando abbiamo parlato di isole con Neri Marcorè e il direttore editoriale della Einaudi Ernesto Franco. Oppure, il dialetto pegliese che si parla a Carloforte. O, ancora, la riscoperta della bellezza, dellattualità e della forza rivoluzionaria e assolutamente politically incorrect di Giorgio Gaber e di Pier Paolo Pasolini, allArchivolto di Pina Rando e Giorgio Gallione e allo Stabile di Carlo Repetti.
Dal tramonto fra Sori e Pieve a Pasolini ho perso il conto e il decalogo sta diventando sempre più ampio, aggiungendo i valori di Luca ai nostri. Ma - dopo avervi invitato a mandarci i vostri, di decaloghi - permettetemi di aggiungere altre due altre cose per cui vale la pena di vivere.
La prima siete voi, i nostri lettori. Il popolo del Giornale di Genova e della Liguria che, in questi giorni, stiamo incontrando sempre più. Vederci, parlarci, conoscerci quando portate in redazione i vostri tagliandi: quelli per i Municipi, che aumentano giorno dopo giorno, dimostrando una straordinaria voglia di partecipazione che i partiti non potranno ignorare, presentando liste di candidati finalmente rappresentative anche del cuore pulsante del loro elettorato. Partendo dalla base, non dal vertice. Straordinario teorema di ogni politica.
Insomma conoscersi di persona è ri-conoscersi. Unemozione da pelle doca. Così come è da pelle doca la partecipazione ai dibattiti, anche i più «alti» come quello nato dallincontro della Fondazione Garrone sul futuro di Genova. Lidea di Duccio e del suo braccio destro Paolo Corradi era ottima: dopo aver narrato il passato di Genova, individuarne un futuro. E ringrazio tutti e in particolare Marina Mascetti, Luciano Ardoino e Marosa Azzarà Terrile per la passione con cui si sono spesi nel discutere se «il turismo è il petrolio di Genova e della Liguria».
E allo stesso modo è bellissimo il vostro partecipare al dibattito sugli anni del liceo DOria. E vi racconto una storia: la foto di prima pagina raffigura la terza B che fece la maturità nel 1951. Lultimo a sinistra è Marcello Pecorini, un nostro carissimo lettore di via Corridoni che ci ha scritto la sua storia di «genoano doriano» laltro giorno.
Si sono ritrovati laltro giorno, proprio a partire dallo scritto sulle pagine del nostro Giornale. Forse fa molto «posta del cuore», ma a me quel cuore lha riempito.
Per lennesima volta, grazie di esistere.
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