Le complicanze possono essere controllate efficacemente

Il trapianto di organo regala una nuova vita, al paziente. E' una realtà clinica, ormai molto ben consolidata. Alla quale hanno contribuito anche i farmaci immunosoppressori. Fondamentali dopo l'intervento chirurgico, per evitare la possibilità di una reazione di rigetto dell'organo trapiantato. Pietra miliare, la ciclosporina (inibitore delle calcineurine CNI). Il primo immunosoppressore (quest'anno si festeggiano i 30 anni), che ha reso possibile il controllo del rigetto. La sua introduzione fu un «momento spartiacque nella storia della trapiantologia», commenta Sir Roy Y Calne, pioniere britannico dei trapianti, chirurgo dell'università di Cambridge, il primo a sperimentarla negli anni '70 in ambito trapiantologico. Utilizzata nella pratica clinica, il primo CNI, ha cambiato radicalmente la sopravvivenza funzionale dei reni ad un anno, dal 50 ad oltre l'80%. Gli avanzamenti delle terapie immunosoppressive, in questi anni, sono stati continui, tanto da ridurre l'incidenza del rigetto acuto (- del 10%). Pesano ancora molto, sul lungo termine, gli effetti collaterali prodotti da queste terapie. Complicanze come lo sviluppo di infezioni, malattie cardiovascolari o neoplasie, sono responsabili del 30% dei decessi, nei trapianti dopo 15 anni. A Vienna i 3mila clinici e ricercatori hanno discusso soprattutto su come ridurre le complicanze. «Siamo in una fase di ottimizzazione delle terapie», spiega il professor Franco Citterio, responsabile dell'Unità di Trapiantologia renale, Policlinico Gemelli - Università Cattolica Sacro Cuore, Roma. «L'obiettivo è dare al paziente sempre meno terapia immunosoppressiva e utilizzarla meglio, associando piccole dosi di farmaci diversi, che agendo in sinergia proteggano dal rigetto, con meno complicanze. Questo perché gli effetti collaterali dipendono dalla quantità del farmaco che si riceve». A Vienna è stato annunciato l'avvio di uno studio clinico internazionale, definito Transform (circa 2 mila pazienti e 9 i centri Italiani coinvolti), destinato a cambiare il paradigma per la prevenzione del rigetto nei pazienti con trapianto renale. É la più grande sperimentazione clinica nella storia dei trapianti.

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