Roma Per coloro che stasera volessero fare a meno di Don Matteo 7 su Raiuno, della comicità di Massimo Boldi con Matrimonio alle Bahamas su Canale 5 o dell’ennesima replica del Dr. House su Italia 1 c’è un programma che mette insieme tutti e tre. Su Raidue, infatti, c’è la nuova puntata di Annozero della premiata ditta Santoro & C. dove, senza dover cambiar canale, si possono avere «prediche» e buoni sentimenti in salsa giustizialista con Marco Travaglio e satira all’amatriciana con Vauro, mentre i burberi toni inquisitori del celebre medico della fiction rappresentano una costante santoriana.
Il convitato di pietra sarà il solito: il presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi. La trasmissione, intitolata «Complotti e porcate», sarà tutta dedicata alle fratture tra il premier e Gianfranco Fini. Piatto forte: il caso Cosentino, lo scontro sul «processo breve» e il monito rivolto dal presidente del Senato Schifani su un eventuale ricorso alle urne rebus sic stantibus.
È stato proprio il Giornale a denunciare le manovre per far sloggiare da Palazzo Chigi l’attuale inquilino, ma ad Annozero si utilizza un altro metodo. A pontificare sulla presunta implosione della maggioranza, infatti, non ci saranno autorevoli «esegeti» del pensiero berlusconiano. Tutt’altro. Questa sera, infatti, gli spettatori potranno ascoltare le sapide stilettate del presidente del Pd, Rosy Bindi (colei che pronunciò la frase: «Presidente, non sono una donna a sua disposizione!»). Seguiranno gli acuti ragionamenti di Aldo Cazzullo, firma del Corriere (testata che per sua natura è «terzista») e le argomentazioni di Flavia Perina, deputata finiana del Pdl e direttore del Secolo d’Italia, quotidiano ex An che non sostiene di certo la leadership del Cavaliere.
Viste le implicazioni giuridiche risponderà l’«esperto», il pm palermitano Antonino Ingroia, magistrato che ha espresso l’auspicio di un «ribaltamento del corso degli eventi» riferendosi alla politica del governo in materia di giustizia. Questo è Annozero: il settimanale «processo» al premier officiato dalle vestali dell’antiberlusconismo militante e della sedicente stampa libera e indipendente.
Chissà se Ingroia riproporrà quelle pacifiche argomentazioni esposte qualche settimana fa. «Siamo in piena emergenza democratica perché l’attacco contro gli ultimi presidi rimasti in piedi, la magistratura e la libera informazione, fa pensare ad una sorta di soluzione finale», disse.
Ieri Ingroia ha riproposto più o meno le stesse tesi in una conferenza stampa organizzata dal sindacato dei giornalisti, la Fnsi, per «difenderlo» dalle critiche del direttore del Tg1 Minzolini. Un contesto talmente pacato da non risparmiare bordate alla Cisl di Bonanni che ha immaginato una rappresentanza dei giornalisti meno legata alla triade Cgil-giustizialismo-antiberlusconismo. «Io non mi rassegno all’idea di tacere», ha detto Ingroia specificando che «ribaltare il corso degli eventi» era espressione riferita alla «necessità di un impegno quotidiano da parte di tutti i cittadini» nella lotta alla mafia. Certo, una riforma della giustizia che modifichi l’esercizio dell’azione penale continua a essere «una soluzione finale». Il che equivale a dire che il governo non deve nemmeno lontanamente adombrarla.
Ma giacché nell’arena di Santoro le discussioni spesso si trasformano in alterchi come nel più famoso processo tv, quello di Biscardi, è lecito porsi un interrogativo.
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