Il complotto del Kgb contro Pio XII

Un ex alto esponente dei servizi segreti comunisti rivela le manovre della Romania, dirette da Mosca, per screditare la Chiesa durante la «guerra fredda»

Dietro la campagna di accuse contro Pio XII, culminata con l’uscita del dramma Il Vicario di Rolf Hochhuth rappresentato per la prima volta a Berlino nel 1963, ci sarebbe stato direttamente il Kgb. Lo sostiene l’ex generale Ion Mihai Pacepa, l’esponente di più alto grado dei servizi segreti del regime comunista romeno passato a collaborare con gli americani nel 1978. Pacepa, classe 1928, rifugiato negli Stati Uniti durante la presidenza di Jimmy Carter, ha messo nero su bianco i suoi ricordi sulla cosiddetta «Posizione 12», un’operazione di disinformazione gestita dai servizi segreti della Romania per conto di Mosca e finalizzata a screditare la Santa sede. Il lungo articolo dell’ex spia è stato pubblicato dal National Review Online, una rivista telematica americana che si occupa di storia.
Pacepa, che nel 1960 dirigeva sotto copertura i servizi segreti romeni nella Germania occidentale, racconta di essere stato incaricato dal generale sovietico Aleksandr Sakharovsky di prendere contatti con il Vaticano a nome del governo di Bucarest in vista di un possibile (ma falso) ristabilimento delle relazioni diplomatiche tra Romania e Santa sede, interrotte nel 1951 dopo che Mosca aveva accusato la nunziatura di essere un covo della Cia. A favorire i contatti di Pacepa con il Vaticano sarebbe stato il fatto che la spia romena sotto copertura diplomatica aveva trattato negli anni precedenti la liberazione del vescovo greco-cattolico di Timisoara, incarcerato dal regime e «scambiato» con due spie comuniste nella Germania occidentale.
L’ex generale scrive di avere avuto un contatto a Ginevra con monsignor Agostino Casaroli (che conduceva per conto di Papa Giovanni contatti riservati con i governi dell’Est per ottenere qualche miglioramento delle condizioni di vita della Chiesa in quei paesi) e di essere riuscito a infiltrare tre giovani ufficiali del servizio segreto romeno presentati come sacerdoti incaricati di trovare negli archivi vaticani degli appigli storici che permettessero al regime di Bucarest di giustificare il ristabilimento delle relazioni diplomatiche con la Santa sede. Pacepa afferma di aver anche offerto un considerevole prestito a interessi zero alla Santa sede, che però non venne accettato. Grazie all’azione dei falsi preti, il servizio segreto sarebbe venuto in possesso di vari documenti provenienti dall’Archivio vaticano e dalla Biblioteca, anche se «non c’era carte che incriminavano Pio XII». Tutto il materiale sarebbe stato trasmesso al Kgb.
«Nel 1963 - scrive Pacepa - il generale Ivan Agayants, capo dell’ufficio disinformazione del Kgb, volò a Bucarest per ringraziarci dell’aiuto. Ci disse che "Posizione 12" si era trasformata in un potente attacco a Pio XII intitolato Il Vicario. E disse anche che il dramma era accompagnato da una voluminosa appendice documentaria messa insieme dai suoi esperti con l’aiuto dei documenti che noi avevamo trasmesso».
Come valutare questa memoria dell’ex spia romena? Sono documentati tentativi dei servizi comunisti di infiltrare seminaristi nei collegi ecclesiastici, ma ci sono notevoli dubbi sul fatto che alle spie in Vaticano sia stato concesso di vedere documenti importanti e se l’incontro con Casaroli è davvero avvenuto, sicuramente l’abile diplomatico della Santa sede, futuro cardinale Segretario di Stato, deve aver capito subito che non c’era da fidarsi. Un altro dubbio è dato dal fatto che il dramma Il Vicario ha sì della documentazione «storica» allegata, ma non ci si trovano documenti inediti di provenienza vaticana. Bisogna dunque fare molta attenzione perché le memorie di Pacepa non rappresentino a loro volta un tentativo di calunniare Casaroli e la sua Ostpolitik.
Quello che è certo, però, è che queste rivelazioni si inseriscono in un quadro ben preciso. Lo stesso Casaroli, nelle sue memorie (Il martirio della pazienza), ricorderà: «Era diventata quasi una moda per i regimi comunisti dell’Europa cercare di discreditare vescovi e preti accusandoli di collaborazione con i tedeschi durante la guerra».
Il Vicario, scritto da Rolf Hochhuth e prodotto da Erwin Piscator, un comunista convinto che si era rifugiato in Unione Sovietica dopo la salita al potere di Hitler, per le sue tesi estreme e per le forti polemiche da subito suscitate, ha esercitato un influsso enorme sulla formazione dell’immagine di Pio XII e della Santa sede nell’opinione pubblica e nello stesso dibattito storiografico, presentando il Papa come un collaboratore di Hitler. Ha dichiarato padre Pierre Blet, uno dei massimi conoscitori dei documenti vaticani riguardanti Pacelli: «Il dramma di Hochhuth non fa parte della storiografia, e pertanto è come se non esistesse. Se ha prodotto tanto chiasso è perché si tratta di un artificio (presumo imbastito dall’Est, ossia da Mosca) per guidare una campagna contro Pio XII e screditarlo». Già il 7 giugno 1945, Radio Mosca aveva dettato la linea alla stampa di tutto il mondo su Papa Pacelli sviluppando alcuni elementi della «leggenda nera» che diventeranno centrali nei decenni successivi. Nel 2004, Giovanni Maria Vian, sulla rivista Archivium Historiae Pontificiae ha ricordato come già il cardinale Montini, alla vigilia di essere eletto Papa, difendendo Pio XII nella rivista cattolica inglese The Tablet aveva notato la similitudine tra Il Vicario di Hochhuth e una «pubblicazione comunista» sul Vaticano e la seconda guerra mondiale, uscita in russo e poi tradotta in tedesco e in inglese nel 1955. «L’Urss aveva messo in atto - spiega Matteo Luigi Napolitano docente di storia delle relazioni internazionali all’università del Molise - le cosiddette “misure attive” contro l’Occidente, fatte anche di false accuse e falsi memoriali che hanno purtroppo ingannato anche alcuni storici. Il Vaticano rientra tra gli obiettivi.

Non dimentichiamo che Mosca tenterà di screditare anche la figura di Giovanni Paolo II».
L’Unione Sovietica non aveva perdonato a Papa Pacelli il grande e personale impegno profuso nel 1948 per impedire la vittoria del fronte social-comunista in Italia.

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