Controcultura

Le compositrici dimenticate che nobilitarono la classica

Da Clara Schumann a Strozzi, Maconchy e Boulanger la storia è ricca di donne che scrissero grandi partiture

Le compositrici dimenticate che nobilitarono la classica

La musica è una donna. Lo sosteneva Richard Wagner, ben consapevole, però, del fatto che i compositori, invece, erano praticamente tutti uomini. Eppure, ci sono state, nella storia della musica, donne compositrici: ma, oggi, sono quasi del tutto sconosciute e dimenticate. Si potrebbe fare eccezione, forse, per Clara Wieck in Schumann, pianista e compositrice talentuosa che, però, ella stessa negava di essere: «Una volta credevo di avere talento creativo, ma sto cambiando idea; una donna non dovrebbe desiderare di comporre, mai una è stata capace di farlo, dovrei essere io quell'una? Sarebbe arrogante crederlo. Le donne sempre tradiscono sé stesse nelle loro composizioni, questo vale per me come per altre. Che sia Robert a creare, sempre! Questo deve rendermi sempre felice». Il marito, Robert Schumann, però, non era dello stesso parere e riconoscendo le doti della moglie Clara la invitò sempre a scrivere tanto che, nel 1841, i due coniugi pubblicarono una raccolta di lieder a quattro mani.

Anna Beer, nel suo Note dal silenzio (Edt, pagg. 294, euro 26) fa conoscere al lettore «le grandi compositrici dimenticate della musica classica», una sorta di galleria di otto donne che seppero fare del pentagramma la propria arte: «Ciascuna di queste donne», scrive la Beer nell'introduzione del volume, «ha rifuggito, affrontato e ignorato le ideologie e le consuetudini che cercavano di escluderle dal mondo della composizione».

Se di Clara Schumann (la più celebre, dunque) abbiamo già accennato, sarà interessante gettare un occhio sulle altre sette compositrici che, dalla Firenze medicea dei Seicento alla Londra del Novecento, hanno costellato la storia della musica occidentale. C'è la fiorentina Francesca Caccini (1587-1641, figlia d'arte di Giulio, tra i primi teorici del melodramma), attiva alla corte dei Medici e protetta da Cristina di Lorena che la nominò «musico del Granduca di Toscana»: adottò pioneristicamente, nei suoi spettacoli, la stereofonia con cantanti dislocati in direzioni diverse e scrisse un'eclettica raccolta di musiche con esempi per ogni genere. Barbara Strozzi (1619-1677), veneziana, non venne mai scoraggiata dalla sua fama di cortigiana tanto che raggiunse il record di compositore più pubblicato del suo periodo superando di gran lunga anche colleghi illustri. Sempre in una corte, quella del Re Sole, crebbe la clavicembalista e compositrice Élisabeth Jacquet de La Guerre (1666-1729), autrice di moltissima musica clavicembalistica (secondo Anne Beer, la compositrice parrebbe addirittura risultare la prima autrice di sonate in Francia precedendo Couperin di 12 anni), ma anche di diverse cantate: addirittura, nella Francia di Luigi XIV, la sua fama era tale da esser considerata l'erede di Lully. Marianna Martines (1744-1812), altro nome oggi sconosciuto benché sia stata allieva di Metastasio, Haydn, Porpora, Hasse: scrisse messe dallo spiccato stile italiano (musiche sicuramente note anche a Mozart il quale, si dice, vi attinse). Sorella maggiore di Felix, Fanny Mendelssohn (1805-1847), nonostante il suo talento, venne pacatamente osteggiata dal padre e dal fratello tanto che, quando decise di pubblicare qualcosa di suo, in una lettera a Felix quasi si dovette scusare; a sostenerla, invece, ci fu sempre il marito, il pittore Wilhelm Hensel con il quale scrisse il Reise-Album: lei le musiche, lui i disegni a corredo. Lili Boulanger (1893-1918), prima vincitrice donna del Prix de Rome nel 1913. La sua biografia musicale inizia precocemente: a 2 anni cantava accompagnata da Fauré, a 5 anni frequentava le lezioni in Conservatorio, a 6 suonava violino, violoncello, arpa, organo e pianoforte. Inizialmente influenzata da Ravel e Debussy, la Boulanger sviluppò un linguaggio personalissimo e distante tanto dal tardo-romanticismo quanto dall'impressionismo. Elizabeth Maconchy (1907-1994), allieva di Vaughan Williams, campionessa nella scrittura per quartetto d'archi «perché rappresentava una discussione, un'interazione dialettica tra quattro voci equilibrate, distinte, appassionate», divenne l'autore più eseguito (anche più di Britten) ai Macnaghten-Lemare Concerts di Londra tanto che il Times, nel 1933, scriveva riguardo la Maconchy: «Può star certa che qualsiasi cosa dica sarà ascoltata con attenzione». Ma così non andò, per quasi nessuna delle donne compositrici raccontate in questo libro..

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