Cè tutto il campionario dei gay pride: musica pop e manette, divise eccentriche e parrucche lungo il percorso che da piazza Lima porta al Castello. Ci sono le bandiere di associazioni e partiti, dai radicali ai socialisti ai «gaylib». Ci sono anche i bambini sui carri. Giuliano Pisapia non si fa vedere fra i 10mila partecipanti pur avendo concesso il suo primo patrocinio. Aurelio Mancuso, presidente di Equality Italia, definisce la sua assenza «un passo indietro». E garantisce «impegno» per «evitare qualsiasi discriminazione e per combattere la cultura omofobica». Parole caute, deludenti di sicuro per quella piazza se a pronunciarle fosse un altro. Il serpentone arcobaleno allora lo va a cercare il «suo sindaco». Passa da piazza della Scala e dal megafono gli urla: «Pisapia oggi non ci sei ma siamo sicuri che lanno prossimo sarai in piazza con noi».
Il corteo elenca le sue richieste: sportelli contro lomofobia, linclusione di Milano nella rete delle città europee «gayfriendly» e lattuazione di campagne di sensibilizzazione per le malattie sessualmente trasmesse.Il Comune ai gay: «Unioni civili? Vi daremo di più»
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