Tra la solitudine e la casa di cura si può trovare una terza via. Un fenomeno in crescita in alcuni Paesi europei ma che si sta affermando anche in Italia: le case condivise. Spazi privati per ognuno, ma anche locali comuni per stare insieme ai pasti, avere sempre qualcuno con cui dividere il tempo ed evitare quelle piccole disattenzioni domestiche che possono creare ansia e frustrazione. Si chiama Senior cohousing, l'abitare condiviso tra anziani, in residenze che hanno tutte le caratteristiche di una casa, piccole comunità, con assistenza fissa e animazione. È come tornare ragazzi, in fondo, con la differenza che la stanza è sempre e solo propria, il piccolo mondo dove in qualsiasi momento ci si può rifugiare.
I primi esprimenti sono in corso e per ora sembrano tutti di successo. Allontanare l'anziano dalla propria abitazione non è semplice, ma entrare in una casa comune non significa non poter tornare tra le proprie mura, ogni tanto. Si parla naturalmente di anziani con un buon livello di autosufficienza ma che, rimasti soli in casa, soffrono la solitudine e tendono a uscire sempre meno.
In Italia il ritmo di crescita della popolazione over 65 è tre volte superiore a quello delle altre fasce di età. Le persone che hanno più di 75 anni e che vivono da sole sono oltre due milioni. La famiglia a più generazioni, dove nella stessa casa convivono nonni, a volte bisnonni, figli e nipoti, è quasi estinta. Secondo i dati Istat il 14,3 per cento delle persone over 65 che non condividono la casa con partner o figli vivono in strutture danneggiate. Il 18,1 per cento lamentano problemi di umidità. L'eccessiva criminalità nel proprio quartiere e la sensazione di insicurezza, rappresentano una difficoltà per il 15,8 per cento. Il cohousing per la terza età potrebbe essere una risposta a questi problemi.
Nel nord Europa lo stanno sperimentando da tempo e sta riscontrando molto successo in Olanda, dove i palazzetti in condivisione per la terza età sono 400. Centocinquanta sono stati avviati in Danimarca e una grande richiesta sta arrivando in Gran Bretagna e in Svezia. Le prime ricerche sembrerebbero dimostrare l'efficacia di questo sistema. Uno studio condotto in Olanda ha per esempio messo a confronto la condizione di vita di circa cento abitanti che vivono in strutture di senior housing con altrettanti anziani che abitano da soli. Le persone che dividono gli spazi con altri coetanei mantengono più a lungo una situazione di indipendenza rispetto a chi è solo, e riescono a conservare una vita sociale attiva, con partecipazione ad attività collettive in oltre il 75 per cento dei casi, contro il 25 per cento degli anziani che gestiscono la casa senza condivisione.
Le formule di coabitazione che si stanno sviluppando anche in Italia prevedono spazi propri e spazi comuni, cercando di coniugare autonomia e socialità nel massimo equilibrio. Lo scorso anno a Milano nell'ambito della Fiera dell'abitare collaborativo, è stato illustrato il primo censimento: nel nostra Paese esistono quaranta strutture di cohousing. Il 20 per cento degli abitanti di queste case hanno più di 65 anni, il 40 per cento sono single.
Alcuni cohousing sono già riservati ai senior anche in Italia. È il caso della struttura Del Moro a Lucca, a due passi dalla centralissima via Fillungo. È un progetto di convivenza per over 65 autosufficienti avviato dalla fondazione Casa Lucca in collaborazione con la Misericordia e il Comune. Il progetto è dedicato ad «anziani rimasti soli che godono ancora di buona salute, disposti a coabitare in ambienti parzialmente condivisi». Si accettano persone singole ma anche coppie. La casa si articola in tredici ambienti ristrutturati con stanze doppie o singole, dotate di bagno privato, e con una zona giorno in condivisione. Nell'affitto mensile sono compresi servizi di accompagnamento ad attività comuni, come teatro, cinema, cene esterne. Sono garantiti anche servizi di prima assistenza.
A Bologna, grazie al contributo di ottomila donatori, è stato creato nel 1991 il Villaggio della Speranza. Non sono case comuni, ma appartamenti separati che ospitano 126 famiglie, di cui moltissime composte da una sola persona anziana, con 18 giovani coppie e stranieri. Il villaggio è gestito dalla Caritas, è privo di barriere architettoniche, ed è amministrato in modo comunitario, con l'elezione dei responsabili di corte e il contributo di ciascuno al benessere della comunità.
Del tutto innovativa è un'esperienza di «abitare collaborativo» nata a Trento.
È la Casa alla Vela: in un edificio di tre piani recentemente ristrutturato convivono sette anziane ultra-ottantenni autonome con tre studentesse tra i venti e trent'anni. Altre due case in Trentino sono gestite dalla stessa cooperativa, due cohousing per soli anziani in val di Non, a Cles e a Tassullo.Emanuela Fontana
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