Comunisti divisi sul comunismo

Il congresso di Rifondazione comunista potrà essere paragonato al congresso di Livorno del ’21, in cui Bordiga e Gramsci decisero l’adesione di un gruppo di massimalisti italiani del Psi alla terza internazionale comunista. La divisione infatti a Chianciano è avvenuta sul termine di comunismo.
Chi ha votato Paolo Ferrero ha voluto usare questa formula per mantenere la questione comunista nel cuore della politica italiana. Bertinotti aveva tentato di rimuovere la parola comunismo che egli aveva adottata ereditandola da Armando Cossutta. L’ha complicata con un marxismo più raffinato, riproponendo il tema della classe al posto di quello del partito e creando così una scelta alternativa idealmente al primato del partito del Pci. Ma egli ha poi ampliato il linguaggio di Rifondazione in varie direzioni: i diritti umani, i diritti del corpo, il terzomondismo, il pacifismo. E ha giocato questa trasformazione culturale del partito di Cossutta facendone una nuova forza della sinistra italiana, in modo tale da diventare determinante delle stesse scelte del Ds. Fu questa nuova sinistra a essere determinante nelle due elezioni di Prodi e anche nelle cadute di questo governo. La prima fu intenzionale sulla questione della guerra dei Balcani e mirò a fare di D’Alema e dei Ds il partito avverso, un partito borghese mascherato. La seconda fu il contrario, fu quella di rifare di Rifondazione la sinistra al governo, pur mantenendo il concetto di alternativa globale al capitalismo. E anzi accentuando, con il concetto di antagonismo, l’idea che il capitalismo creasse condizioni contrarie allo sviluppo umano in modo da promuovere rotture non solo sul terreno della classe ma di tutte le realtà ideali e umane che si opponevano al pensiero unico, divenuto ormai proprio come pensiero l’essenza del capitalismo. Su questa base egli pensò di poter continuare la partecipazione al governo ma questa volta sollevando i problemi della differenza politica dal Pd e contrapponendosi agli stessi sindacati.
Dal congresso di Chianciano nascono strade diverse. Una può condurre sulla scia di Bertinotti alla collaborazione con il Pd: e il peso del voto utile delle elezioni dell’aprile mostra che vi è una parte del mondo di Rifondazione che è sensibile a questa linea. È quella che fa capo a Nichi Vendola, significativa della dimensione libertaria del partito di Rifondazione. Ma l’altra riporta a rifondare il comunismo cercando l’unità con Diliberto e forse anche con i Verdi, e ad assumere il tema della classe come tema fondamentale della sua azione. Ciò corrisponde a ciò che accade in Europa, dove la sinistra comunista si è affermata nelle recenti elezioni amministrative a spese del Ps. E da tempo in Germania la Linke incide sull’elettorato socialdemocratico al punto da quasi dimezzarlo e diventare un’alternativa addirittura nella memoria della Repubblica dell’Est.
Nascono da Chianciano due problemi. Il primo è la questione se il nuovo partito comunista che si apre con Paolo Ferrero accetterà di essere sensibile ai termini della non violenza, che Bertinotti aveva proposto come chiave della sua sintesi politica. E ciò è importante in un Paese che ha conosciuto il terrorismo di sinistra più imponente in Europa che rimane ancora attuale come organizzazione operante delle nuove Br. Vi è una connessione tra la non violenza e accettazione del Parlamento e della democrazia come fondamento risolutivo della politica. Rinunciando alla maggioranza parlamentare quali sono le prospettive di Paolo Ferrero? D’altro lato vi è il problema che il sorgere di sinistre diverse da quella di Bertinotti suscitano nel Pd e spingono i Ds verso una rifondazione autonoma rispetto alla collaborazione con i democristiani che lo fonda.


Il congresso di Rifondazione mette in moto tutta la sinistra politica italiana quando essa avverte di non essere più una forza alternativa alla lista di centrodestra e può decidere tra legittimazione a destra collaborando al governo Berlusconi o una delegittimazione di esso che corrisponde a una destra e una sinistra. Una operante con Di Pietro, l’altro allo stato nascente ma pure reale.
Gianni Baget Bozzo
bagetbozzo@ragionpolitica.it

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