Roma

Concertazione, riparte il «Progetto Roma»

Rita Smordoni

Vertice ieri mattina in Campidoglio tra i presidenti di Regione e Provincia, Piero Marrazzo ed Enrico Gasbarra, e il sindaco di Roma Walter Veltroni, per rilanciare il «Progetto Roma». Il tavolo di concertazione, nato nel gennaio del 2002 con la partecipazione di sindacati, associazioni di imprenditori, commercianti, produttori e mondo universitario, ha come stella polare il futuro della capitale, vale a dire i temi del lavoro, dell’urbanistica, delle infrastrutture e delle risorse economiche. Anche stavolta l’incontro ha riunito le varie associazioni di categoria, che a turno hanno avanzato proposte e suggerimenti per l’avvio di un confronto permanente sui temi di interesse comune.
Tra i progetti in cantiere, la razionalizzazione di agenzie operanti nei diversi settori e la collaborazione tra le istituzioni nella gestione di strutture come le agenzie del Turismo, della Moda, dell’Innovazione e lo Sviluppo. «Abbiamo proposto ai presidenti di Regione e Provincia e al primo cittadino - ha affermato il presidente di Federlazio, Massimo Tabacchiera - la nascita di un’unica agenzia per i diversi comparti, ognuna per le proprie competenze, capace di convogliare investimenti e progettualità che allo stato attuale si frammentano tra gli enti locali».
«I dati positivi sul turismo, la crescita del Pil e dell’occupazione, la vocazione universitaria della città fanno di Roma un piccolo caso in controtendenza rispetto alla media nazionale - ha affermato invece il sindaco Veltroni, che non ha perso l’occasione per lamentarsi della Finanziaria del governo Berlusconi - se è vero che ci sono 3 miliardi di euro in meno per gli enti locali, vuol dire che la quota parte che graverebbe sulle nostre spalle sarebbe di 300-400 milioni di euro, e questo la città non lo potrebbe sopportare».
Immediata la replica dell’opposizione capitolina. «In merito alle lamentele sulla Finanziaria - ha affermato il capogruppo di An, Sergio Marchi - ricordo al sindaco di Roma i 120 milioni di euro per le grandi opere che il comune ha ricevuto con la legge su Roma Capitale, sostenuta anche da noi come gruppo comunale. Inoltre il governo di centrodestra - ha continuato Marchi - mette già a disposizione il 70 per cento dei fondi necessari per la realizzazione delle nuove linee metropolitane. La metro C e la metro B1». Una bordata alle dichiarazioni del sindaco sulla Finanziaria arriva anche dal vicepresidente del Consiglio comunale, Fabio Sabbatani Schiuma: «Nelle casse del Campidoglio restano congelati, ormai da 15 anni, 200 milioni di euro per “Roma Capitale”. Soldi non spesi per incapacità gestionale, che sarebbero quantomai utili alla collettività». La cattiva gestione delle risorse paralizza, secondo l’esponente di opposizione, la realizzazione di opere e infrastrutture vitali per la capitale: «Per l’allargamento della Tiburtina è stato speso solo uno dei 16 milioni di euro disponibili, mentre per la prosecuzione dei lavori di consolidamento del Palazzo Senatorio, sede del Campidoglio, fin dal ’92 giacciono inutilizzati ben 4 milioni e mezzo di euro. Per non parlare dei 2 milioni e mezzo di euro - conclude Schiuma - destinati al restauro degli edifici storici di Villa Ada, chiusi nel cassetto dal 1992». Critica, infine, la posizione dei segretari regionali di Cgil, Cisl e Uil, Schiavella, Reali e Moretti, in tema di politica del lavoro e di sicurezza: «Il protocollo sulla politica del lavoro e la sicurezza firmato con l’allora assessore Nieri - si legge in un comunicato - rimane per noi insufficientemente applicato, per la quantità di lavoro nero che vediamo praticato nella nostra città». Dal canto suo Luca Malcotti, segretario della Ugl Roma e Lazio, ha dichiarato: «Non comprendo questo trionfalismo intorno al Progetto Roma che nelle sue parti essenziali non è mai decollato a partire all’Osservatorio sul Lavoro.

È davvero curioso che il Campidoglio dimentichi di essere capofila di un gruppo di aziende che, in questi anni, si è reso responsabile di politiche che hanno accresciuto il precariato, hanno violato accordi e contratti (come accaduto in Acea), hanno eluso sistematicamente le leggi di mercato creando un sistema impenetrabile per chi non è accreditato».

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