Concorrenza, nel mirino i servizi pubblici

RomaLe liberalizzazioni dividono tutti. Mettono in crisi i partiti della maggioranza, ma anche il governo dei tecnici dove non ci sono posizioni univoche, in particolare sui tempi per realizzarle. Ieri è stata, di fatto, una giornata di vigilia, anche se il Consiglio dei ministri di venerdì affronterà il tema. A Palazzo Chigi c’è stato comunque un preconsiglio che, secondo le fonti ufficiali, non si sarebbe occupato del tema.
Quello che è certo è che il dossier da ieri è nelle mani del premier Mario Monti. Sul suo tavolo stanno ancora arrivando i piani dei ministri sui vari mercati da aprire alla concorrenza, poi ci sarà la sintesi che farà lo stesso premier, il 20 gennaio, ultima data utile prima degli appuntamenti europei, l’Eurogruppo del 22 e il Consiglio europeo del 30.
La strada non sarebbe quella attribuita al ministro dello Sviluppo Corrado Passera, «una liberalizzazione al mese» via decreto. Il timore è che affrontando le liberalizzazioni una a una, si moltiplichino le occasioni per impallinare il governo. Per questo arriverà un unico provvedimento, che seguirà il classico schema montiano, colpire un po’ tutti, in modo che i sacrifici siano digeriti con più facilità. Un decreto, come indicato da Antonio Catricalà, anche se la terapia d’urto illustrata dal sottosegretario alla presidenza del Consiglio a Porta a Porta, è stata giudicata eccessiva a Palazzo Chigi.
Anche perché la partita è politica. E la novità emersa ieri è che per alcune liberalizzazioni si potrebbe realizzare quello che è già avvenuto con l’articolo 18. Gli argomenti più spinosi passano in secondo piano e vengono affrontati quelli meno discussi, ma che hanno un impatto maggiore sull’economia. In altre parole non infierire sui tassisti (che promettono «l’inferno» se il governo interverrà), farmacie ed edicole (che hanno invece confermato la sospensione delle proteste). E spostare l’attenzione su altri argomenti. Indicazioni in questo senso arrivano peraltro dalla maggioranza. Dal Pdl, sicuramente, ma anche dal Pd. Ieri il segretario Bersani ha chiesto al governo di non «fare passi indietro». In realtà il Pd teme di essere bollato come il partito che perseguita farmacisti, tassisti ed edicolanti e quindi sta spostando l’attenzione su altri argomenti, come lo scorporo della rete di distribuzione del gas. Argomento che il governo intende affrontare, ma con tempi più lunghi rispetto a quelli del prossimo decreto.
Tornano in primo piano i servizi pubblici locali. Compresa la gestione dell’acqua, che è stata oggetto di un referendum «contro la privatizzazione» promosso e vinto dalla sinistra. Servizi pubblici da affidare il più possibile ai privati e, come seconda scelta, aziende ex municipalizzate da fondere in modo da ridurre i costi. Ci sono poi i carburanti, ma non i distributori multimarca. Si va semmai verso una valorizzazione dei self service. Un qualche intervento sulle farmacie dovrebbe arrivare. Ma interventi troppo drastici non sarebbero graditi nemmeno al ministro dell Salute Renato Balduzzi.

Ancora allo studio, ma data per certa, l’abolizione delle tariffe minime per i professionisti. Così come misure per rendere meno cari i mutui, ad esempio vietando la vendita di polizze in coincidenza con il prestito sulla casa.

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