Roma - Un'infermiera si era rifiutata di pulire Giovanni B. un paziente appena operato al colon
sostenendo di "provare vergogna per la differenza di sesso". La donna si era anche allontanata dal reparto per mezz'ora sperando che qualcun altro si
occupasse di Giovanni. Toccò al genero dell' uomo, Claudio D. L., a pulire l'anziano e a
presentare la denuncia contro l'infermiera. In primo grado, dal tribunale di Gela e in secondo grado, dalla Corte d'appello di Caltanissetta, l'infermiera fu dichiarata colpevole per aver "indebitamente
rifiutato di effettuare le operazioni di pulizia del degente".
La donna aveva presentato ricorso in Cassazione, sostenendo che sarebbe stata necessaria una
specifica indicazione dei medici affinché lei pulisse il paziente. Ma la suprema corte le ha dato torto, stabilendo che non è necessaria una prescrizione del medico rivolta ad ogni singolo paziente, "ben potendo essere impartita in via generale e sulla base di turni di servizio, come
verificatosi in questo caso".
La donna aveva cercato di difendersi dicendo che stava
distribuendo il vitto agli altri degenti e che non poteva occuparsi di Giovanni. Anche questo
argomento, però, è stato respinto dalla Cassazione in quanto "per evidenti ragioni
igienico-sanitarie, trattandosi di un paziente da poco operato all' addome, rivestiva un
carattere di urgenza l'operazione di pulizia che "aveva priorità rispetto alla distribuzione del
vitto".
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