Condanne, ictus, candidati «brilli» La maledizione Bologna per il Pd

BolognaIn principio, quando Sergio Cofferati annunciò di voler lasciare per «stare vicino alla famiglia» salvo ritrovarsi catapultato al Parlamento europeo, a Bologna fu un sospiro di sollievo: vedrete che il prossimo sarà un sindaco amato, tornerà la stagione dei Giuseppe Dozza e dei Renzo Imbeni o qualcosa di simile. Ma il bello doveva ancora venire. Dopo il Cinese, infatti, è andato in scena il Guinness dei primati: dal «Cinzia-sexy-gate», l’epoca del cherchez la femme, agli attacchi ischemici, passando attraverso pepati dossier, massicce iniezioni di fuoco amico, implacabili «corvi» e peripezie varie. Fino ai giorni nostri, quelli conditi dagli strafalcioni pallonari e dagli «alcolismi» radiofonici.
L’unica certezza è che non c’è mai pace per il Pd a Bologna, una piazza dove il partitone resta sempre sull’orlo di una crisi di nervi almodovariana. Archiviata a fatica la pratica Flavio Delbono, l’ex sindaco che ha patteggiato una condanna per i viaggi a spese della Regione con l’ex fidanzata Cinzia Cracchi, ora ovviamente candidata in vista delle Comunali di maggio, il Pd sembra aver trovato l’uomo giusto: Maurizio Cevenini, recordman di preferenze (19mila alle Regionali 2010) e di matrimoni celebrati, felsineo doc e super tifoso del Bologna. Nel partito, però, non è ben visto da tutti, diversi lo apostrofano come «inadeguato». Fatto sta che, complici i carichi di lavoro da vero e proprio Stakanov dentro e fuori le aule consiliari-elettorali, l’ex presidente del Consiglio comunale getta la spugna: in ottobre viene colpito da un’ischemia, la figlia lo convince a mollare tutto (o quasi, dato che Cevenini oggigiorno corre alle elezioni come capolista).
In quattro e quattr’otto si scatena la corsa per sostituirlo, le gomitate fanno rumore. Indotto in particolare Andrea De Maria, già segretario provinciale, a più miti consigli dai vertici nazionali del Pd - che pare gli abbiano già riservato uno scranno nei palazzi che contano alla prossima tornata - la spunta il 56enne Virginio Merola, ex assessore all’Urbanistica di Cofferati. Neanche il tempo di salire in sella - siamo al febbraio scorso - che un non meglio identificato dossier viene recapitato da un anonimo «corvo» ai giornali e ai circoli Pd. Merola e il suo staff sono accusati di alcune presunte «avventure» tra assegnazioni di case popolari e progettualità varie ed eventuali, la Procura apre un’inchiesta e va alla caccia di Dna. Nel frattempo, torna Delbono: l’ex sindaco, in un’intervista concessa al periodico campano Voce delle Voci bolla il presidente della Regione Vasco Errani come il suo «killer politico» con «la copertura» di Pier Luigi Bersani e «il non veto» di Romano Prodi e mostra la volontà di «mantenere una certa ortodossia comunista nell’amministrare la cosa pubblica», citando vicende concrete.
I magistrati lo richiamano, questa volta come testimone. Merola, però, non si fa rubare la scena. Siamo all’attualità: dopo la doppia gaffe radiofonica sul Bologna («Spero torni in serie A», anzi «Volevo dire in serie B»), a far esplodere la bomba ci pensa un certo Antonio Amorosi, ex collega di Merola nella giunta Cofferati. «Merola non è nuovo a gaffe e scivoloni. Come quando due anni fa si presentò a dir poco alticcio ai microfoni di una radio», sferza Amorosi via blog, chiosando: «Dopo Flavio Delbono e il Merolone, il Pd avrà altre sorprese per farci sognare?». La registrazione incriminata risale all’8 giugno 2009, dopo il primo turno del voto che incorona Delbono sindaco. Merola appare incerto, biascica più di una parola, dilata le frasi, procede a singhiozzo. Il diretto interessato minimizza: «Ho già detto che non ho tempo da perdere per i dossier anonimi, tantomeno per persone anonime in cerca di un nome come il signor Amorosi». Ecco, i dossier.

Resta da capire se quest’ultimo rilievo di Merola, comunque non casuale, produrrà nuovi coup de théâtre. Intanto la maledizione democratica sembra non fermarsi.
E in serata Pdl e Lega hanno sciolto le riserve: a sfidare Merola sarà il lumbàrd Manes Bernardini.

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