«Una grave imprudenza, imperizia e negligenza e una macroscopica leggerezza, hanno di fatto consentito di armare Andrea Calderini, persona che da anni soffriva di una seria malattia psichica e da anni era in cura con psicofarmaci». Lo sostiene il giudice della nona sezione penale del tribunale di Milano Anna Introini, nella sentenza con la quale l8 aprile scorso ha condannato rispettivamente a 2 anni e 1 anno e dieci mesi di reclusione lo psichiatra Massimiliano Dieci e il tenente colonnello medico Fortunato Calabrò, accusati di concorso in omicidio colposo e falso.
Il 5 maggio del 2003 Andrea Calderini, 31 anni, prima di togliersi la vita sparò con una pistola, regolarmente posseduta, dalla finestra della sua abitazione in via Carcano a Milano ferendo tre persone. Poi uccise una vicina di casa e la sua fidanzata. Secondo il giudice, «i due medici commisero una serie di irregolarità nel rilascio della certificazione medica che permise alluomo di ottenere il porto darmi». Accogliendo la ricostruzione del pm Marco Ghezzo, la Introini passa in rassegna le «sconcertanti scoperte» fatte dagli inquirenti. Fin dalladolescenza il giovane aveva problemi che furono poi diagnosticati come «disturbo ossessivo e compulsivo e disturbo della personalità», per i quali era in cura farmacologica. Ciò non gli impedì di ottenere il porto darmi. Secondo il giudice, la condotta dello psichiatra «non si può qualificare se non in termini di elevata avventatezza, trascuratezza e imperizia. Laver rilasciato al Calderini il certificato di sana e robusta costituzione» e laver sottoscritto un altro certificato «lasciando al paziente lincombenza di compilarlo», rientra in una «condotta gravemente colposa». Di queste irregolarità Calabrò «non si avvede», e non «si stupisce del certificato di sana e robusta costituzione allegato».
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