Non sappiamo se la proposta di Fassino di far accomodare i talebani al tavolo di una conferenza di pace sullAfghanistan sia frutto di cinismo negoziale alimentato dallurgenza Mastrogiacomo o leggiadra accondiscendenza alle tesi della sinistra radicale in vista del dibattito al Senato sul rifinanziamento della missione. Di certo lestemporanea uscita ha ridato effervescenza alle voci di sinistri «esperti» decisi a spacciarci i talebani come i legittimi rappresentanti di una parte della popolazione afghana indignata dalla corruzione del governo Karzai e dallincapacità occidentale di mantenere le promesse di sviluppo economico e politico del Paese.
A smentirli, a confermare la tragica e letterale immagine di tagliagole dei talebani basterebbe il racconto di Daniele Mastrogiacomo, testimone dello sgozzamento del proprio autista. Ma di fronte alla legittimazione offerta da Fassino neppure quel racconto sembra bastare. Dunque è tempo di ribadire alcune risapute verità. Trattare con dei tagliagole non è un tabù, ma è utile solo se i tagliagole sono gli unici decisori delle proprie scelte. Non è il caso dei talebani. Il mullah Omar e i suoi seguaci sono una specie geneticamente deviata di militanti afghani sviluppata nei laboratori delle scuole islamiche pakistane. Sono studenti islamici utilizzati come marionette della guerra da generali e ufficiali dei servizi segreti di Islamabad vicini allintegralismo islamico. La prima motivazione che tra il 93 e il 94 induce alcuni generali pakistani ad aprire i cancelli delle scuole islamiche è meramente economica. I capi tribali pashtun sfuggiti al controllo di Islamabad hanno trasformato il sud dellAfghanistan in un puzzle impazzito dove ciascun uomo armato taglieggia camion e carovane di merci provenienti dal Pakistan. Il blocco dei commerci provoca un doppio problema. I camionisti, a cui è consentito non pagar tasse sulle merci esportate in Afghanistan, una volta passata la frontiera girano il camion e rivendono le loro merci nelle aree tribali pakistane. Per risolvere la situazione i servizi segreti pakistani spediscono lorda talebana alla conquista dell«emirato afghano» affidandole lordine di rimettere ordine nel Paese.
Lavanzata dei talebani su Kabul, conquistata il 26 settembre 1996, è un alternarsi di stupefacenti successi e umilianti sconfitte. Nel marzo 95 unoffensiva su Herat si conclude con una devastante ritirata e la perdita di 3mila combattenti. La rivincita e la sanguinosa conquista di Herat arriva solo grazie allaiuto militare del Pakistan. Da allora ogni successo e ogni sconfitta dei talebani è sempre stata determinata dallaiuto militare pakistano. Trionfano se cè, fuggono se manca.
In questi mesi la loro infiltrazione dai santuari al confine pakistano è ripresa massicciamente solo dopo laccordo dello scorso settembre tra Islamabad e i capi tribali del Waziristan che ha decretato la fine delle operazioni dellesercito pakistano contro le basi di Al Qaida e dei Talebani nella provincia. Laccordo è stato chiaramente deciso in vista delle presidenziali del prossimo autunno in cui Musharraf rischia la poltrona senza il voto fondamentalista delle province nord occidentali. Laccordo ha ridato baldanza e operatività a un movimento che non è, come racconta la sinistra, figlio dellAfghanistan, ma figlio dei santuari gestiti dai servizi segreti pakistani. Stando così le cose, è facile capire che far sedere i talebani al tavolo della pace non sarebbe solo di cattivo gusto, ma anche irrilevante. Gli unici su cui bisogna far pressione - in vista di una conferenza sullAfghanistan che comprenda la Nato, gli Stati Uniti, il governo afghano e gli Stati confinanti - sono i pakistani. La risposta della sinistra radicale pronta a ricordare lalleanza di Washington con Islamabad è scontata quanto dissennata. Abbandonare bruscamente Musharraf, come sanno bene a Washington, significherebbe regalare gli arsenali nucleari pakistani a un nuovo regime fondamentalista.
Dunque la conferenza di pace sullAfghanistan si potrà fare solo dopo una serie dattente pressioni politiche su Islamabad, capaci di richiudere le stalle da cui fuggono i talebani senza causare la caduta di Musharraf. Fino ad allora lunico strumento per sigillare le frontiere e impedire una massiccia infiltrazione dei talebani, capace di farli sembrare unautentica e genuina forza insurrezionale afghana, è il dispiegamento militare della Nato.
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