La confessione choc di Chris «Violentata per sette anni»

La Witty, scelta come portabandiera Usa: «Ora rappresento la nazione. Racconto la mia storia perché i bambini che subiscono abusi possano trovare il coraggio di parlarne a qualcuno»

Benny Casadei Lucchi

Quando tutti i suoi compagni l’hanno indicata come portabandiera, Chris Witty ha ringraziato e sorriso. Poi, un sipario di tristezza è calato sul suo volto. È stato un attimo. Giusto il tempo per decidere quando e come avrebbe raccontato di nuovo la sua verità. E per tornare sull’argomento, Chris ha scelto l’Italia, la vetrina olimpica, Torino e questa vigilia che con la sua storia ha reso per sempre diversa. «Sono stata ripetutamente violentata per sette anni», ha detto e il mondo frenetico si è fermato. «Il fatto di essere stata scelta come portabandiera mi dà ora l’occasione di parlarne di nuovo e farmi ascoltare da tante persone, perché le violenze sui bambini esistono soprattutto a causa del troppo silenzio», ha detto.
A darle questo coraggio non erano bastate le medaglie conquistate (anche se qualcosa aveva detto a un giornale locale di Salt Lake, all’indomani del successo olimpico). E non l’aveva aiutata neppure la fama conquistata a Sydney 2000, quando partecipò ai Giochi come ciclista, una delle poche atlete ad aver gareggiato sia alle Olimpiadi invernali che estive. «In Australia compresì che sul ghiaccio mi sarei sentita molto più libera» ha spiegato di recente. A darle il coraggio vero è stata solo «la ribalta che mi dà rappresentare il mio Paese davanti al mondo: sento che ricordare ancora questo mio dramma potrebbe spingere molte persone che hanno avuto la mia stessa esperienza ad aprirsi», ha ripetuto.
Di recente, proprio prima dei Giochi, Chris aveva deciso di ripercorrere nei particolari la sua esperienza, voleva far male con il suo racconto: «Sono stata violentata dai quattro agli undici anni. Ad abusare di me fu un amico di mio padre, un uomo di cui tutti si fidavano. Ricordo perfettamente quella prima volta a Milwaukee: era un giorno caldo e assolato, mia mamma era al lavoro, mio padre rincasò giusto per farsi una doccia e tornare in giro, faceva il saldatore. Si fidò, mi lasciò con quel vicino considerato un gran bravo ragazzo... Ricordo il suo odore, la sua voce, ricordo il seminterrato in cui mi portò, ricordo la casetta per le bambole che aveva costruito, la volevo anche io, lui mi diceva “è di una bimba brava, non come te...”».
Aveva quattro anni, Chris.

«Ora ne ho trenta - dice -, e spero che sapendo di questa storia e vedendomi rappresentare il mio Paese, le bambine e i bambini di dieci anni riescano a rompere questo muro di silenzio... e i genitori a parlare con loro. Solo così si combatte la violenza, solo così si comincia a guarire».

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