CONFRONTI PERICOLOSI

Non si può pretendere che in Arabia sappiano, come lo sappiamo noi, che le intemperanze di piazza della Lega e dei suoi capi sono spesso più folkloristiche che pericolose, più provocatorie che strategiche. Tuttavia è significativo e preoccupante il titolo gridato a tutta prima pagina dal quotidiano di Riad Al-Watan, uno dei più importanti dell'Arabia Saudita e quindi di tutto il mondo islamico: «Il ministro della Giustizia italiano minaccia l'Islam e i musulmani mentre Zawahiri minaccia l'Occidente crociato».
Lo spunto viene dal raduno leghista di Venezia, domenica scorsa, in Italia subito digerito anche dall'opposizione dopo qualche battuta polemica di rito. È vero che dalla piazza si è levato qualcuno che inneggiava alla «guerra santa», ma sappiamo che di guerra anche i leghisti - come tutti gli italiani - non hanno nessuna voglia, santa o non santa che sia. Il quotidiano arabo invece ne fa un caso internazionale, indicando l'Italia come Paese aggressore dell'Islam. Castelli, in realtà, «minaccia» - e fa bene - le donne musulmane che vorranno farsi fotografare con il velo per i documenti ufficiali. È stato il prosindaco leghista di Treviso (un signor Nessuno che vorrebbe mandare in galera anche gli omosessuali) a manifestare intenti feroci alla Borghezio. Castelli (che comunque farebbe bene a temperare i suoi comizi), ha invitato gli immigrati a «tornare nel deserto e a parlare con le scimmie», se non accettano le nostre leggi: ma Al-Watan riporta tout-court che gli islamici sono stati definiti scimmie.
Poiché c'è un limite alle forzature giornalistiche, se non in guerra, l'atteggiamento del quotidiano saudita è proprio quello della stampa di un Paese in guerra: farsi passare per aggrediti e instillare l'odio contro il nemico. È la conferma che - al di là delle dichiarazioni ufficiali dei governi - la «moderazione» è sempre meno praticata dalle popolazioni musulmane e dalla loro classe dirigente. Le leggi restrittive-difensive prese in Occidente contro il fanatismo, il terrorismo e l'invasione migratoria vengono mostrate alle masse come bestemmie e attacchi contro l'intero Islam, trasformando la moderazione in aggressività e odio per l'infedele. È così che i popoli vengono preparati alla guerra, è così che si spingono i giovani più esaltati a offrirsi come kamikaze.
La riprova sta nell'incredibile titolo sparato da Al-Watan: mettere sullo stesso piano le sparate oratorie di Venezia e i massacri del feroce terrorista Zawahiri serve ad alzare il livello d'odio e a giustificare qualsiasi contromossa. Di più: mentre Zawahiri, secondo il giornale, si limita ad attaccare soltanto l'Occidente «crociato» (con le sue stragi di donne e bambini), la Lega minaccia tutto l'Islam e tutti i musulmani: l'appello alla «guerra santa», che a Venezia corrispondeva a un «arbitro cornuto», viene proposto ai lettori arabi come una giustificazione appunto alla guerra santa. Con la differenza che quelle due parole sono scritte nel Corano, accettate, esaltate e praticate da generazioni e generazioni di musulmani: fanno parte della cultura islamica, moderata o no che sia, ed è ben più facile che da noi trasformarle in realtà.
Le parole, si sa, sono pietre, e le minacce di piazza servono soltanto a esaltare contro di noi quelli cui sono indirizzate. La frase più saggia detta da Castelli a Venezia è: «Noi non siamo contro l'Islam, è l'Islam che è contro di noi».

Che lui e il governo si limitino dunque a proporre e applicare buone leggi difensive del nostro popolo, della nostra cultura e della nostra civiltà giuridica: però tenendo presente il motto (anche tra quelli fascisti ce n'è di buoni) «Taci, il nemico ti ascolta».

Commenti
Pubblica un commento
Non sono consentiti commenti che contengano termini violenti, discriminatori o che contravvengano alle elementari regole di netiquette. Qui le norme di comportamento per esteso.
Accedi
ilGiornale.it Logo Ricarica