Detto, sulla mesta parata del 2 giugno, tutto ciò che era giusto dire, sottolineato il broncio di presidenti e ministri, espresso tutto il nostro affetto ai reparti costretti a sfilare davanti a chi non li apprezza, e qualche volta nemmeno li rispetta, dobbiamo aggiungere che il triste spettacolo ha avuto un preciso significato politico. LItalia - questo è il significato - non ha un governo che sa cosa intende fare, ha un bric à brac di personaggi che procedono ciascuno per suo conto. E che ci ricordano Hellzapoppin, indimenticabile capolavoro cinematografico del nonsenso.
Capisco lindignazione degli italiani che ancora hanno sentimenti patriottici - sono tanti - per la ostentazione antimilitarista e per gli sfoghi verbali - e non solo verbali, come sè constatato ad Alessandria - di cui esponenti o militanti o tifosi della maggioranza si sono compiaciuti. Capisco pure il senso di fastidio che molti avvertono per un pacifismo daccatto e per unallergia alle armi che concerne solo quelle impugnate dai soldati italiani, o eventualmente dagli americani.
Ma una posizione netta, e dichiarata senza mezzi termini, di questa maggioranza che si professa di sinistra, che include partiti fieri di definirsi comunisti, che flirta con i disobbedienti e con i no global, sarebbe stata almeno sincera. E per questo più accettabile della recita ipocrita alla quale abbiamo assistito. Una recita a soggetto, francamente brutta. Con Parisi, uomo donore intendiamoci, che qualcuno ha gratificato del titolo di ministro di Nassirya perché è andato fino in Irak a visitare il contingente italiano; con Bertinotti che carezzava la spilla arcobaleno, mentre davanti a lui passavano le truppe, e che Diliberto ha bacchettato per questa condiscendenza ai doveri protocollari; con Pecoraro Scanio che la sfilata del 2 giugno vorrebbe vederla abolita per sempre; con DAlema e Rutelli che invece la salverebbero; con Prodi che è disposto a tenersela, purché molto pacifista, e che comunque ha provveduto a ridurla ai minimi termini. Infine Giorgio Napolitano, prodigo delogi per la sfilata, ma attentissimo ad evitare ogni critica nei confronti della contromanifestazione indetta da movimenti «amici». Se queste divergenze dopinioni e di posizioni fossero un gioco delle parti, potremmo ancora farcene una ragione. Ho invece la convinzione che non lo siano, abbiamo tuttal più un tentativo futile di presentare al pubblico e allinclita un'accoglienza di voci discordi e stridenti come fossero il coro del Nabucco.
Il litigio sul 2 giugno è stato lo specchio di altri, e a mio avviso più importanti, litigi: per le grandi opere, per i Pacs, per la fecondazione assistita, per i tempi del ritiro dallIrak, per lamnistia, insomma per tutto. Qualche punto dintesa, bisogna riconoscerlo, sè in effetti riscontrato di recente. Ad esempio sul numero spropositato di ministri e sottosegretari. Ma non è che dobbiamo compiacercene.
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