RomaI timori per quella che lui stesso aveva in privato definito la «fase 2» risalgono a inizio giugno. Quando al jaccuse di Veronica Lario, al caso Noemi, alla polemica sulle veline in lista, alle foto a Villa Certosa e al dibattito sui voli di Stato erano seguite le motivazioni della sentenza di condanna dellavvocato David Mills. «La chiusura del cerchio, il punto di contatto tra lassedio mediatico-gossiparo e la mai dimenticata via giudiziaria», spiega oggi un ministro vicino a Silvio Berlusconi. Che nella discesa in campo di Massimo DAlema («nel governo ci saranno scosse, lopposizione si tenga pronta», disse in tv) ha visto la principale conferma ai suoi timori. Il Cavaliere reagì con forza, rievocando il fantasma del 94 e smentendo qualsiasi ipotesi di «governi di emergenza economica».
Ed è con la stessa forza che il premier ha risposto ieri, spiegando senza troppi giri di parole che è «stanco di prenderle». Daltra parte, lo aveva ripetuto più volte in privato nelle ultime settimane: «Repubblica mi massacra da tre mesi e non accenna a smettere, non starò più alla finestra». Così, Berlusconi decide di giocare danticipo ed è lui a mettere in piazza quelle che nel Palazzo sono voci che si rincorrono ormai da qualche mese. «I giudici di Milano e Palermo - dice - stanno cospirando contro di me». Da tempo, infatti, il tam tam dei soliti bene informati vocifera di una maxi-indagine della procura di Palermo che mettendo insieme vecchi processi e nuove rivelazioni di alcuni pentiti starebbe per aprire un fascicolo sul Cavaliere come mandante delle stragi di mafia del 1992. Quelle in cui persero la vita prima il giudice Giovanni Falcone e poi il giudice Paolo Borsellino. Più scontato, invece, il riferimento alla procura di Milano dove i magistrati sono in attesa della decisione della Corte costituzionale sul Lodo Alfano per riaprire in men che non si dica il processo Mills, nel quale la posizione del Cavaliere era stata stralciata. A quel punto, assicurano i più vicini al premier, «la sentenza di condanna arriverebbe in un baleno». Capitolo a parte, invece, quello napoletano. Berlusconi, infatti, non fa alcun riferimento alla procura partenopea nonostante i soliti rumors raccontino di qualche movimento anche lì.
La questione, spiegano a Palazzo Grazioli, «è semplice». Perché «dopo aver puntato tutto sul disarcionare Berlusconi con il fallimento del G8 dellAquila che non cè stato, i soliti noti hanno spostato il timer sulla Consulta». Che a ottobre si pronuncerà sulla legittimità costituzionale del Lodo Alfano aprendo, nel caso di bocciatura della legge, scenari imprevedibili. Allora sì ripartirebbero le inchieste delle procure e si ripresenterebbe lipotesi lanciata nei mesi scorsi del «governo di emergenza». Che dovrebbe avere il via libera del capo dello Stato, luomo che avrebbe lultima parola sulleventuale scioglimento delle Camere. Ma anche - come nel 94 - il via libera della Lega.
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