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Congresso tory: parte la corsa alla leadership

Roberto Fabbri

Ormai, più che un assedio, è un assalto. Il quarto tentativo in una settimana di forzare le barriere di confine delle città spagnole di Ceuta e Melilla (ultimi lembi di quello che fu il Marocco spagnolo) si è concluso ieri con un bilancio drammatico: 135 persone (quasi tutti emigranti africani) sono rimaste ferite, 120 sono state arrestate, mentre un numero stimato tra le 300 e le 400 sono riuscite a penetrare in territorio spagnolo.
Teatro di questo ultimo episodio è stata la città di Melilla, la più piccola (circa 50mila abitanti) e la più orientale tra quelle che a Madrid definiscono pomposamente Plazas de soberanía en el Norte de Africa. Come in precedenti occasioni, diverse centinaia di disperati provenienti dai Paesi a sud del Sahara, accampati in territorio marocchino nella boscaglia a ridosso della frontiera spagnola, hanno atteso la notte per dare l’assalto al muro di protezione. Erano le 5.30 quando circa 700 africani, muniti di scale di fortuna, hanno forzato la struttura metallica (che comprende una rete con rotoli di filo spinato) nei pressi della località di Barrio Chino.
Qui la struttura era stata portata recentemente da tre a ben sei metri di altezza, ma l’accorgimento si è rivelato insufficiente. I clandestini sono infatti riusciti ad abbattere la barriera in due punti, creando ampi varchi. Contro le guardie di frontiera spagnole hanno ingaggiato una violenta battaglia, lanciando pietre e altri oggetti che hanno ferito sette di loro. Secondo fonti della Guardia Civil, alcuni militari sarebbero addirittura stati morsi, mentre in altri casi le pietre sarebbero state usate come armi rudimentali per colpire gli spagnoli. «Gli immigranti hanno dimostrato un'aggressività e una violenza mai viste finora», ha sottolineato la prefettura di Melilla.
Una furia che si spiegherebbe con il diffondersi tra i clandestini di voci secondo cui la morsa starebbe per chiudersi su di loro e non ci sarebbe dunque più tempo da perdere per prendere l’ultimo «treno» per la Spagna e dunque l’Europa. Da una parte infatti il ministro degli Interni spagnolo José Antonio Alonso ha confermato che Madrid rafforzerà ancora i controlli alle frontiere di Ceuta e Melilla. Dall’altra si va invece verso una più salda collaborazione tra la Spagna e il Marocco: ieri all’esterno di Melilla le forze di sicurezza marocchine hanno arrestato 130 clandestini subsahariani.
Khalid Jemmah, presidente di una «Associazione delle famiglie e degli amici dell'immigrazione clandestina», ha una sua teoria: responsabili della violenza esercitata dai clandestini sono proprio le retate condotte dalla polizia marocchina. «Di fronte a quest'ondata di arresti, i clandestini hanno due possibilità: tentare di passare ad ogni costo in Spagna o essere espulsi dal Marocco».
Il degenerare della situazione mette in grave imbarazzo il governo di José Luis Rodriguez Zapatero, mentre l’opposizione popolare soffia sul fuoco. Il governo, secondo il portavoce del partito socialista sui temi dell’immigrazione Antonio Hernando, ha fatto «tutto il possibile per contenere gli assalti», e ha chiesto l'aiuto dell'Unione Europea: nel frattempo però «occorre inviare un messaggio definitivo alle persone che entrano illegalmente in Spagna: saranno espulse, non potranno rimanere nel Paese». Il Capo di stato maggiore della Difesa, generale Felix Sanz Roldan, ha affermato da parte sua che «se vi sarà un cambiamento nella situazione sul terreno, vi sarà un mutamento nel tipo di missione» dell'esercito.

Il generale non ha aggiunto dettagli, bastava il tono.

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